I conservatori cominciano a
sospettare qualcosa. I delatori del Concilio Vaticano II stanno sull’orlo di
una depressione cronica. Figuriamoci i tradizionalisti. Il problema c’è,
eccome, a sentir loro: Francesco ancora non ha evocato a sé il nome di “papa”.
E quando lo farà? E come spiegherà questa latitanza?
In effetti Francesco, vescovo di
Roma, tace sulla questione. Anzi, forse parla fin troppo. Fino a ora lui è
semplicemente vescovo della Chiesa di Roma, prima tra tutte le Chiese nella
carità. Come piace ai fratelli ortodossi. Una rivoluzione del ministero
petrino, oppure un passaggio in avanti, o all’indietro, nella storia delle
prime comunità cristiane quando la primizia di Pietro era il servizio ai
fratelli, e non la pratica del potere fino a se stesso.
Le prime mosse di Francesco
vengono a dirci che il ministero petrino non è roba di palazzi e di pergamene
da firmare (certo, anche quelle), ma soprattutto l’incarnazione del verbo amare e servire.
Una profonda rivisitazione del ministero petrino che, per ora, sta facendo fare
brutti pensieri ai soloni della citazione papale facile facile e della dottrina
fine a se stessa. Quegli stessi soloni che ora non citano più il papa nei loro
articoli e discorsi e che hanno avuto una crisi nervosa quando Francesco ha
ricordato un suo amico teologo dalla finestra papale, quel Karl Kasper senza dubbio tra i porporati
più aperti del collegio dei cardinali. Potenza dell’habemus papam.
Ma oggi c’è l’ufficialità di una
notizia a rinfrescare il ministero petrino e che in parte ci aspettavamo:
Francesco vivrà, e non si sa per quanto, nella residenza di Santa Marta e non
nell’appartamento pontificio, dove continuerà invece a ricevere gli ospiti
importanti. Preferisce vivere la quotidianità con gli altri ospiti del
residence, quasi tutti cardinali o prelati che lavorano in vaticano.
Può sembrare ciò una scelta di
sobrietà e semplicità. Come lo è, infatti. Ma dietro questo stile c’è la
volontà di Francesco di non voler essere un segregato in vaticano e di parlare,
dialogare, avere un contatto quotidiano con il mondo “oltretevere”, superando
in questo le rigide regole della sua segreteria e del cerimoniale. Semplicità e
intelligenza insieme. E libertà di ascoltare chiunque voglia avvicinarsi al
papa.
Per i tradizionalisti e i
papalisti (che oggi nascondono la testa sbigottiti) ciò è un’eresia. Il papa è
sempre il papa. Punto e basta. E già cominciano a dire che gli attuali
simpatizzanti di Francesco, cioè il popolo di Dio, presto si ricrederà quando
cadrà la cortina fumogena del papa progressista in favore del papa
conservatore.
Sarà. Per ora godiamoci questo
Francesco. E la tristezza dei tradizionalisti. Loro sì che non credono ai loro
occhi.
Nessun commento:
Posta un commento