Questo articolo appare oggi su Vatican Insider
Un
appuntamento da non mancare. E un invito diretto, personalissimo, quasi
inaspettato, quello che il card. Agostino Vallini, vicario del papa per la
diocesi di Roma, ha spedito di sua mano ai parroci della città capitolina. Il
prossimo 16 settembre, nella basilica di San Giovanni in Laterano, papa Francesco
incontrerà il clero della diocesi di Roma e i sacerdoti che collaborano nei
diversi ministeri diocesani «per essere confermati nella fede e incoraggiati
nel ministero. Per prepararci all’incontro – continua il card. Vallini – il Papa
mi ha chiesto di inviarvi il testo di una Sua riflessione fatta ai sacerdoti
dell’arcidiocesi di Buenos Aires nel 2008, dopo la Conferenza dell’Episcopato
Latino-americano ad Aparecida (Brasile)».
A Roma, da quando è arrivato Francesco,
tira aria di rinnovamento pastorale. La città, per motivi storici legati alla
sua cultura papalina, certe volte sembra faccia fatica a fronteggiare una rivoluzione
teologica, pastorale ed ecclesiale come quella del “papa venuto da lontano”. Il
card. Vallini, invece, è tutto preso dal suo nuovo vescovo e da questa
“tensione spirituale”, come usa dire quando si reca in visita pastorale nelle
parrocchie, e non perde occasione per ricordare ai suoi preti di appassionarsi
sempre di più al dialogo con il mondo e sempre di meno alle loro “funzioni”
ecclesiali.
Prova ne è il documento che ha dato da
leggere per prepararsi al documento del papa. Ce ne è per tutti. Parola di Francesco. Un buon sacerdote si legge nel documento, esclude dalla sua
vita la “carriera ecclesiastica”, con i suoi meccanismi di progresso, di
scalata, di retribuzioni. E ancora: l’identità
del presbitero, in relazione alla comunità, è un dono, in contrapposizione a “delegato” o “rappresentante”.
In secondo luogo, evidenzia la fedeltà alla
chiamata del Maestro, contrapponendola alla “gestione”.
Parole che non fanno sconti.
Si parla di “atteggiamenti nuovi”. «La prima esigenza è che il parroco sia un autentico discepolo di Gesù Cristo, perché
solo un sacerdote innamorato del
Signore può rinnovare una parrocchia. Nel contempo, però, deve
essere un ardente missionario che
vive nel costante anelito di andare
alla ricerca dei lontani e non
si accontenta della semplice amministrazione». Che l’opzione per i
poveri, continua papa Francesco, sia “preferenziale” significa che «deve
attraversare ogni nostra struttura e priorità pastorale». Oggi «difendiamo
troppo i nostri spazi di privacy e godimento, e ci lasciamo contagiare
facilmente dal consumo individualista. Perciò, la nostra opzione per i poveri
corre il rischio di rimanere a livello teorico o meramente emotivo, senza una
vera incidenza nei nostri atteggiamenti e nelle nostre decisioni».
Ma il passo della lettera più
eclatante è questo: «dietro questi richiami espliciti vi è l’ansia implicita
del nostro popolo fedele: ci vuole pastori
di popolo e non chierici di
Stato, funzionari. Uomini che non si dimentichino di essere stati
“tratti dal gregge”, che non si dimentichino “della propria madre e della
propria nonna” (2 Tim 1:5); presbiteri che si difendano dalla ruggine della
“mondanità spirituale”, che costituisce “il più grande pericolo, la tentazione
più perfida, quella che rinasce sempre - insidiosamente - quando tutte le altre
sono state già sconfitte, e riprende nuovo vigore con le stesse vittorie...”.
“Se questa mondanità spirituale invadesse la Chiesa e lavorasse per corromperla
attaccandola nella sua essenza, sarebbe infinitamente più devastante di ogni
altra mondanità semplicemente morale. Peggio ancora di quella lebbra infame
che, in alcuni momenti della storia, distrusse l’immagine della Sposa amata,
quando la religione sembrava essere la miccia dello scandalo nel santuario
stesso e, rappresentata da un Papa libertino, nascondeva il volto di Cristo
sotto pietre preziose, tosature e spie... La mondanità spirituale è ciò che
praticamente si presenta come un distacco dall’altra mondanità, il cui ideale
però, tra l’altro spirituale, sarebbe l’uomo e il suo perfezionamento, al posto
della gloria di Dio. La mondanità spirituale altro non è se non un
atteggiamento antropocentrico... Un umanesimo sottilmente nemico del Dio
Vivente e - segretamente, non meno nemico dell’uomo - può annidarsi in noi
attraverso mille sotterfugi”» (De Lubac, Meditaciones sobre la Iglesia,Pamplona
2 ed. pp.367-368 ).
Senza se e senza ma, la
rivoluzione chiamata Francesco è sbarcata a Roma.
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