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lunedì 24 giugno 2013

Francesco 6 / Chi resiste a Francesco


Articolo pubblicato su L'Unità del 24 giugno


Questa volta Ludwig van Beethoven e la sua Sinfonia n. 9 in re minore sono rimasti soli. O meglio, senza l’invitato principale, papa Francesco, assente per “un’incombenza urgente e improrogabile”. La sedia vuota, al centro della sala, immortalata da tutte le tv. Simbolo di un papa che non può (o non vuole) esserci perché ha da lavorare sodo. Forse, dicono alcuni, non ha tempo per rappresentazioni superflue. In realtà c’è da scegliere il nuovo segretario di Stato, tra i favoriti c’è il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato e uno dei membri del gruppo degli 8 cardinali che stanno preparando, non più ormai in gran segreto, la tanto attesa riforma della curia. C’è da occuparsi dello Ior, la banca vaticana. Recentemente, incontrando i padri scrittori de La Civiltà Cattolica, la storica rivista dei gesuiti che pubblica i suoi articoli visti e certificati dalla Segreteria di Stato, ha chiesto loro un aiuto nel saper raccontare una fede che dialoga con l’uomo di oggi. Perché c’è da fare molte cose, ha detto in quell’occasione, e non ultimo il ricambio della classe dirigente.
Che succederà, si domandano “oltretevere”, da adesso in poi con il papa “venuto da lontano”? Mentre Francesco continua il suo annuncio del vangelo ogni giorno dalla residenza e dalla cappella di Santa Marta, con una forza interiore e un linguaggio semplice che rinvigorisce lo spirito del popolo dei fedeli, tra i suoi “sudditi” c’è anche chi tenta di organizzare una resistenza.
In curia e nei palazzi che contano un Bergoglio così “gesuiticamente” in forma non se lo aspettavano, e soprattutto non avevano calcolato la sua simpatia umana, rivelatasi finora travolgente. Talvolta persino più di quella di Wojtyla, il papa comunicatore. «Che parli, pure», sussurrano alcuni. L’importante è che non stravolga i delicati equilibri curiali, che non chiuda lo Ior, che non si impicci, insomma, di organismi, vertici, carriere. Ma Francesco non perde occasione per stigmatizzare chi pensa che la Chiesa sia una ong: a ottobre prossimo è prevista la prima riunione della commissione di otto cardinali che dovrà cambiare il volto della curia romana, e sullo Ior ha già fatto sapere che così non va, nominando un uomo di sua assoluta fiducia, mons. Battista Ricca, come prelato ad interim dell’Istituto per le Opere Religiose. Con i soldi papa Francesco non ci scherza. Dopo il taglio alle indennità ai dipendenti vaticani per l’elezione pontificia, il papa è voluto intervenire di persona cancellando il compenso normalmente spettante ai cinque cardinali che compongono la commissione di vigilanza dello Ior: euro venticinquemila, non pochi. E già si parla, nelle segrete stanze, di una riduzione significativa del cosiddetto “piatto cardinalizio”, lo stipendio dei cardinali. Cinquemila euro al mese sono troppi, che si adeguino alla crisi finanziaria e si ricordino, soprattutto, di essere servi della Chiesa.
Una grande ventata di novità. A quella sedia vuota nel concerto di gala corrisponde una presenza quotidiana alla messa del mattino a santa Marta. E un annuncio del vangelo che si fa incalzante. Il rinnovamento riguarderà anche la classe dirigente ecclesiastica, vescovi, cardinali, non per ultimo il modo in cui vengono gestiti i seminari. Del resto, sulla linea della resistenza silenziosa c’è più di qualche presbitero. Sembrano come intimoriti, paurosi del soffio dello Spirito, spaventati dalle novità. Qualcuno forse teme di perdere la primazia ecclesiastica rispetto al resto dei fedeli laici. Nell’apertura al Convegno Ecclesiale Diocesano di Roma del 17 giugno, al quale hanno partecipato diecimila fedeli laici e pochi sacerdoti, di fronte a un raggiante card. Vallini in grande sintonia pastorale con il papa, Francesco è stato fin troppo chiaro: «la Chiesa è madre, non baby sitter». E ancora: nelle parrocchie spesso c’è qualcuno che si attarda a «pettinare la sua pecora», mentre si dimentica delle altre novantanove.
Anche nel web si fanno sentire i critici, ma è soprattutto nel passa-parola quotidiano, durante certe riunioni pastorali, nelle omelie un po’ “impacchettate” che qualcuno fa passare l’idea che questo papa dica cose scontate in modo “spagnoleggiante”. Le stesse cose che del Concilio Vaticano II sono state troppo a lungo dimenticate.
C’è una terribile paura che gira tra alcuni presbiteri: che il richiamo di Francesco a “uscire dalle chiese” produca uno strappo allo status sacerdotale – a quella verticalità Dio-prete-fedele che ha retto ai tornanti della storia ma che ha bisogno di una costante protezione intra-ecclesiale.
Ci vorrà tempo per cambiare, come dice Francesco, eppure la strada è segnata. 

venerdì 7 giugno 2013

Radio Maria e i lasciti testamentari


L’inchiesta firmata da Concita De Gregorio su la Repubblica non mi scandalizza. Semmai mi addolora. Che degli anziani vengano consigliati sui lasciti testamentari in favore di associazioni ed enti, soprattutto di matrice cattolica, è cosa nota. Oggi c’è di mezzo Radio Maria, e forse fa più notizia.
Quello che rattrista in questa squallida vicenda è che prima c’erano papi, cardinali, vescovi influenti, emeriti religiosi, a promettere un po’ di paradiso eterno in favore di un po’ di denaro. Meglio se cospicuo. D’altronde di pie donne, spesso nobildonne, la storia della Chiesa ne è piena, e di principi conti e baroni perdigiorno, e per di più senza prole al seguito, la cronaca mondana ha ricamato ad arte. Il forziere a fondo perduto donato dai “ricchi” per le opera di assistenza e carità, oltre a creare arte e cultura nella storia, ha anche ceduto il passo, per una percentuale magari minore ma sempre importante, alla solidarietà.
Si dirà: avevano i soldi. Vero. Ma oggi, quello che alcune volte vediamo accadere nel segreto degli uffici curiali e nei sottoscala delle parrocchie, è la promessa di un’amicizia (valore molto più regale della solidarietà) data da una congrega di accoliti durante la solitudine del tempo della vecchiaia in cambio di pochi spiccioli e fame di proselitismo. Come se il valore di un movimento ecclesiale o di un ente o qualsiasi altra organizzazione, non sia misurato dalla qualità della fede ma dal numero delle persone che ne fanno parte. Spesso inconsapevolmente. E dai possedimenti immobiliari, s’intende.
La vicenda di Radio Maria oggi mi inquieta. E, guarda caso, il monito di papa Francesco riguardo ai pericoli derivanti dalla carriera e dalle strutture all’interno della Chiesa, è di stretta attualità.
Forse è davvero il caso di ricominciare a considerare i nostri anziani, e le persone più sole, come persone vive e perfettamente integrate nella società e all’interno delle famiglie.
La vigilanza, come ultima arma di fronte all’incredulità.
Un pezzo di paradiso in terra, in cambio di una promessa per un’”al di là” certamente sconosciuto al committente.