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giovedì 28 febbraio 2013

Chiesa e papa: ecco quello che pensano gli italiani


Un sondaggio di Demos&Pi pubblicato oggi ci dice qualcosa in più su quello che gli italiani pensano della Chiesa e del papa. Alla domanda se ci sia fiducia nel papa o nella Chiesa hanno risposto così: il 37,3 per cento non ha nessuna fiducia, il 35,2 ha fiducia sia nel papa che nella Chiesa, l’8,9 invece solo sulla Chiesa e infine il 18,6 per cento solo nel papa. Sulle ragioni della rinuncia al papato di Benedetto XVI le risposte si dividono in modo netto, bipolare: il 42,9 ritiene che il papa si sia dimesso per le lotte di potere e gli scandali all’interno della Chiesa e del Vaticano mentre il 43,5 perché non ha più le forze per svolgere questo impegno. Mentre, dato assai interessante, il 70,5 per cento ritiene che Ratzinger abbia fatto bene ad andarsene.
Si sa, i sondaggi valgono perché relativi e non assoluti. Ma quello che emerge è un’istituzione-Chiesa che non ne esce bene. Anzi. E un Benedetto XVI che, lontano anni luce nelle simpatie dei fedeli dal suo predecessore Giovanni Paolo II, in realtà ora abbia guadagnato molto in termini di fiducia. Non tanto in simpatia, ma quanto in fortezza d’animo e in risolutezza rivoluzionaria.
Insomma, la Chiesa naviga in brutte acque, sondaggi alla mano. Il nuovo Conclave non potrà non tenerne conto e i cardinali che a breve eleggeranno il nuovo papa più che scegliere subito il nome farebbero bene a cercare i perché di questo disastro di immagine.
L’atto di Ratzinger, davvero rivoluzionario, abbatte con un colpo solo i “distinguo” e le mediazioni in favore di un atto di coraggio di fronte alla crisi che attraversa oggi la Chiesa.
Una Chiesa che è santa e peccatrice, lo sappiamo. Fedele al Vangelo sulle strade del mondo e qualche volta però troppo attenta, almeno nella gerarchia, alle tentazioni del potere.
Più santa che peccatrice, senz’altro. E forse, chissà, peccatrice non solo da oggi ma anche “tentata” da un periodo storico dove la barca andava a gonfie vele. E dove un papa polacco mostrava al mondo il vessillo del trionfo.

mercoledì 27 febbraio 2013

L'emerito Ratzinger


Don Joseph Ratzinger da oggi è anche Sua Santità Benedetto XVI, papa emerito o romano pontefice emerito agli occhi del mondo. Già, emerito. Come i vescovi emeriti che, da ex, dimorano ancora nelle loro città (e diocesi) dove hanno reso l’ultimo servizio pastorale. E da ex, spesso, sono pastori talvolta ingombranti agli occhi del nuovo vescovo se la loro personalità è così forte e conosciuta agli occhi del popolo di Dio.
L’emerito Ratzinger non è una novità di poco conto. Chi governa la Chiesa non ha potuto e voluto far scomparire del tutto l’ex papa Ratzinger agli occhi del mondo. Anche se ciò pone interrogativi nuovi dai risvolti imprevisti. Perché di una cosa, invece, siamo certi: il nuovo papa che il prossimo Conclave andrà a breve ad eleggere avrà vicino come compagnia imprevista e preziosa la presenza “nascosta” ma piena dell’emerito Ratzinger. Lui, come ha detto stamane all’udienza in piazza San Pietro, sarà davvero in “ritiro sul monte”, nascosto agli occhi del mondo nei recinti del Vaticano (e molto probabilmente non tanto “nascosto” agli occhi sempre curiosi di chi abita oltretevere), ma c’è, è presente, e non è possibile dimenticarlo.
La ventata di novità e pulizia che papa Ratzinger ha regalato alla Chiesa nel mondo, non sarà emerita. Sarà, invece, viva più che mai. Quasi un raggio di luce che si poserà sulle porpore elettrici raccolte alla Cappella Sistina.
Poi, passato un po’ di tempo (e questa è un’opinione molto personale e non una notizia), anche il mite e nascosto emerito Joseph Ratzinger chissà che non trovi pace e serenità, silenzio e preghiera, davvero sul monte. Anzi, su un monte. Magari un monastero benedettino. Lontano dagli uomini, vicino a Dio.

martedì 26 febbraio 2013

Elezioni. Il coraggio del futuro


Poche ma certe considerazioni dopo il turno elettorale.
-       - che la pancia vera degli italiani sia di destra, pardon…moderata!, lo sappiamo da sempre. È il ventre che non vuole regole, se non quelle che gli pare, le proprie. Che non accetta l’idea di bene comune. Ricordo ai più giovani che all’indomani della seconda guerra mondiale, ci mancava poco che vincesse (di nuovo) la monarchia dopo il disastro della guerra. Che il Pdl abbia avuto il successo che ha avuto dopo che ha governato malamente il paese per tanti anni, è incredibile agli occhi degli stranieri e forse alle analisi sociologiche, ma non a noi italiani. Appunto. Questa è la pancia degli italiani, quella che la tanto bistrattata Dc aveva ingabbiato ad arte. Per il bene del paese.
-     - che un’opposizione forte rispetto al modello berlusconiano non si sia riusciti a costruirla negli anni, anche questo è incredibile. Un’opposizione culturale, prima ancora che politica. Con i risultati che stiamo vedendo.
-       - che l’aver accettato passivamente un anno di governo Monti come se fosse la panacea di tutti i mali, è stato un errore clamoroso. C’è un costo sociale ed economico altissimo che una parte consistente di questo paese, e cioè la classe media, sta pagando in modo salato. L’Imu, così come tratteggiata dal governo dei tecnici, ad esempio, è l’apice di come l’ingiustizia economica entri a far parte in modo “democratico” insieme al “fai da te” fiscale.
Il futuro ora è segnato. All’impossibilità di avere in Italia un centrodestra moderato e liberale, si aggiunge un’altra certezza, e cioè quella di costruire una forza di centro-progressista libera finalmente di retaggi ideologici.
Uomini e donne nuovi, senza Chiese né appartenenze. C’è un giovanotto toscano che potrebbe incarnare questo cambiamento. Proviamoci.

giovedì 21 febbraio 2013

Chi sarà il nuovo papa?


Da giorni impazza orma il toto-papa. La sensazione evidente è che in una pluralità molto composita di nomi, prima o poi qualcuno dirà “l’avevo detto”. In realtà questo Conclave porta all’attenzione di tutti una novità essenziale: più che un nome papabile appare forte l’idea che c’è dietro l’elezione di “questo papa”.
Non sarà un papa di mediazione. Difficile che lo sia, anche se, all’ultima votazione e a urne quasi chiuse, quando i cardinali sapranno già chi vincerà, è possibile che la lobby perdente cerchi “la” soluzione tipica del centralismo romano-vaticano: a voi il papa, a noi il segretario di Stato. Possibile, ma improbabile.
Le dimissioni di Benedetto XVI hanno creato un vulnus all’interno del potere romanocentrico. Nulla è più come prima. L’immagine di una Chiesa divisa da scandali e intrallazzi di potere ha varcato il portone di San Pietro e, se ciò ancora non è ben chiaro ai curiali italiani troppo indaffarati a difendere posizioni, status e un briciolo di potere che si squaglierà come neve al sole ben presto, al contrario è bene evidente a tutti quei porporati e uomini di Chiesa che non hanno frequenza con le segrete stanze d’”oltretevere” e che vivono e operano la loro carità cristiana, ahimè per gli italiani, lontani migliaia di chilometri da Roma. Il vulnus delle dimissioni ha sgretolato regole antiche, messo in discussione burocrazie e leggi non scritte. Ha ridisegnato, insomma, la mappa di un cristianesimo più vicino all’uomo che non alle banche e ai governi.
Le tentazioni di riprendere in mano la situazione ci saranno in Conclave, eccome. Il potere attuale non cederà il passo tanto facilmente. Ma questa volta in Conclave si parlerà dell’immagine di una nuova Chiesa al passo con i tempi. Aperta al dialogo, in ascolto delle domande dell’uomo, tesa ad annunciare il vangelo per le strade del mondo. È qui lo scontro. Non sui nomi. Ma su un’idea diversa, forse, chissà, veramente in linea con quel Concilio tradito, annacquato, vilipeso e che noi ancora ci ostiniamo a chiamare Vaticano II.
La battaglia non è sui nomi, che verranno dopo. La guerra, perché di guerra si tratta, è se la Chiesa si chiuderà a riccio a difesa dei suoi privilegi e forse per paura di affrontare il nuovo che avanza, oppure se si aprirà a una nuova era dove Gesù non sia solo un messaggio da veicolare, ma possibilmente da incarnare.
Scenari futuri? La Chiesa si gioca molto con questo Conclave. Un arroccamento di conservazione rischierebbe di farla implodere. Una ventata di novità avrebbe il coraggio di ridimensionare finalmente il suo potere temporale e ridisegnare le fondamenta del ministero petrino.
Dopo, ma solo dopo, ci occuperemo del nuovo papa. Che sarà un onesto servitore della vigna del Signore, padre e fratello di tanti cristiani nel mondo, uomo e cittadino delle beatitudini.

venerdì 15 febbraio 2013

L'enigma Benedetto


È il più grande enigma della storia dell’umanità. Da braccio destro (silenzioso ma risoluto) dell’ortodossia dottrinale durante gli anni dell’era wojtyliana a ferita lancinante nel corpo vivo del potere temporale della Chiesa. Benedetto XVI risulta oggi così. Un vero enigma da decifrare, di cui si continuerà a parlare anche dopo il 28 febbraio, malgrado lui, Benedetto, faccia pubblici annunci di ritiro dalle “cose” del mondo. D’altronde è possibile immaginare un plotone di guardie svizzere che lo protegga in una sorta di libertà vigilata come si usava una volta con re e imperatori mandati in esilio?
Benedetto XVI, alias don Joseph, parlerà. Eccome se parlerà. Un silenzio orante, il suo. Carico di simboli, novità e passioni mai dette per la vigna del Signore che saranno, queste sì, un vero “contagio” per il popolo di fedeli. Perché il dubbio c’è, rimane forte ora dopo ora: chissà quante gliene hanno fatte passare. E quanto avrà sofferto per decisioni che non sentiva sue. Un paradosso e un enigma insieme: adesso che non è più papa, diventerà un vero papa.
Da buon tradizionalista è deciso a salvare la sua Chiesa dalle insidie di ministranti e collaboratori (ma perché non mettere dentro il “mea culpa” anche alcuni presbiteri e vescovi che  non tutti, è chiaro danno l’idea di aver scelto l’abito talare solo per una questione di status?) distratti dall’annuncio della buona notizia. Ha riscattato trenta anni di fedeltà alla Tradizione pura e dura con una decisione che vale un Concilio Vaticano III.
Che si diano pace, i detentori della cupola di San Pietro. D’ora in poi il “contagio” prenderà sempre più corpo, anche se tenteranno l’ultima partita in Conclave per orientare, come solo i grandi generali sanno fare, le sorti in battaglia.
Intanto il piccione viaggiatore di Benedetto viaggerà di chiesa in chiesa, di parrocchia in parrocchia, di coscienza in coscienza, portando i suoi messaggi liberi come il vento che lo sprona a volteggiare oltre.
È l’Oltre che spaventa i curiali. Quell’Oltre che dovrebbero invece amare, rimettendosi in mano al Mistero.
E solo allora, tra un po’ di tempo, l’enigma Benedetto apparirà per quello che realmente è agli occhi di Dio e degli uomini. Tentando noi credenti laici, ma poco disposti a berci la storiella che il papa lo sceglie lo Spirito Santo, a pensare che, forse… sì, forse il soffio dello Spirito è incontrollabile e misterioso. E  il più delle volte veramente beffardo.