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venerdì 11 maggio 2012

Se anche il calcio perde la poesia...


Le scommesse nel calcio? Ci eravamo abituati. Forse, oggi, lo siamo ancora di più, sono persino legalizzate. Gli integratori “alimentari” usati come “aiutino” per gli sport dove lo sforzo fisico è importante? Altro che. Fantozzi (interpretato da Paolo Villaggio) che beve una strana bibita durante una salita di montagna in bicicletta è rimasta nell’immaginario di tutti. Ed eravamo solo nel 1980. Calciopoli è solo di qualche anno fa (pardon! Calciopoli ha interessato solo mezza Italia, e cioè quella juventina, come se le colpe del calcio malato fossero ascrivibili sono a una squadra o a un dirigente, mentre tutti gli altri erano puliti. E alla squadra più ”pulita” è stato anche assegnato uno scudetto non vinto sul campo). I giocatori che si tolgono la maglia per alcune pressioni dei suoi tifosi? Anche questo abbiamo visto.
Tant’è. L’Italia, anche nel calcio, rimane sempre il paese della commedia, se non fosse che le cose ora cominciano a essere preoccupanti. Il capo della Procura di Bari, Antonio Laudati, che si occupa della scommessopoli di oggi, rispondendo alle domande di un giornalista, ha detto: «le scommesse negli ultimi anni hanno avuto un’evoluzione inimmaginabile rispetto a prima. Si scommette durante tutto l’arco della partita e non si scommette più solo sul risultato, ma anche su singoli episodi del gioco, su una punizione, su un calcio d’angolo, su un’espulsione. Questo fa sì che le scommesse possono condizionare non il risultato, ma singoli eventi di gioco». Il business delle scommesse oggi è molto ampio, i dati ufficiali dicono che il fatturato di quello legale è di 4 miliardi di euro, ma che solo il 30% della portata generale delle scommesse va sul circuito legale. Quindi, abbiamo una massa di denaro che oscilla tra i 12 e i 15 miliardi all’anno. «Questo conclude Laudati ha sicuramente attirato gli interessi della criminalità organizzata, per cui, purtroppo, sul calcio c’è stata una pressione molto forte con degli interessi molto importanti in gioco e questo ha condizionato alcuni eventi sportivi».
Ne usciremo fuori? Ci sono gli Europei di calcio, i preliminari delle coppe, bisogna fare presto. Con tanti sconti, s’intende. E piccole penalizzazioni, così pare. Ma, a parte i risultati dell’inchiesta e dei suoi risvolti sportivi (perché, è chiaro, mezza Italia calcistica, e cioè quella che tifa Juve, vorrà vedere nelle sedi competenti un trattamento equo e paritario rispetto a quello che è successo sette anni fa), quello che appare sotto gli occhi di tutti è il collasso, prima etico che sportivo, del sistema calcio. Dai campetti di periferia dove oscuri dirigenti fanno i protettori dei calciatori alle mamme che si fronteggiano a suon di ceffoni per un posto in squadra del loro intoccabile pargoletto. Assistiamo anche a questo. Per finire alla totale inadeguatezza dell’odierna dirigenza nazionale.
E il calcio? Rimane, per fortuna, a regalarci emozioni. Da solo. Quest’anno il miglior gioco l’ha offerto la Juve e anche l’atteggiamento morale. Sacrificio, gioco di squadra, niente prime donne, correre per gli altri, fino all’ultimo non darsi per vinti. Questo conta. Non è molto, ma è già qualcosa. Per un calcio che ha voglia di rigenerarsi, al di là di tutto quello che gli ruota intorno.
Perché se ci vengono a togliere la poesia del calcio e un Del Piero che a 38 anni ancora esprime tutta la bellezza della “pelota” che travalica tifo, generazioni, inchieste, integratori, scommesse, medicinali e palestrati, allora significa proprio che non hanno capito niente.
Avanti, allora. E se l’Italia dovesse vincere gli Europei, amnistia generale per tutti. Nonostante il calcio. Nonostante il “bel” calcio.