Il fascino (storico) della Grande
Guerra mi ha raggiunto oggi sul Sass de Stria, straordinaria vetta dolomitica
di fronte a sua maestà il Lagazuoi. Ben 2477 metri da attraversare roccia su roccia, anche se non
è la vetta a impressionarmi. Questo cammino storico-alpinistico attracca dal
Passo Valparola, davanti al Museo della Grande Guerra. E più la vetta si
avvicina, più mi vengono in mente i soldati, dei diversi fronti, gli italiani e
gli austriaci, che scavano trincee nella nuda e forte roccia dolomitica a età
insospettata. Mentre mi inerpico con il mio abbigliamento tecnico leggero da montagna,
penso a quei vestiti, lana e stracci, a quelle scarpe appiccicate ai calzettoni con la colla fatta in casa, che avvolgevano quei poveri ragazzi a
temperature che d’inverno vanno sui meno venti e meno trenta gradi. Mani che
scavano, che tentano di accendere fuoco, mani infreddolite e ghiacciate tra la
neve fresca e qualche fucile d’ordinanza da lubrificare e riscaldare.
Ho pensato a loro, la gioventù
migliore di entrambi i lati, sul Lagazuoi gli italiani, al Sass de Stria gli
autrici, mandati a difendere l’onore di un pezzo di terra per le idee disperate
della follia imperialistica. Come avranno fatto a resistere, ancora non ho
capito. Mentre io, e altre decine e decine di escursionisti, arranchiamo col
passo difficile di chi ha vita facile. Sono saliti fin quassù, da dove si
domina in una vista fantastica la Val Badia, la Marmolada, e tutto il Passo
Falzarego e il Lagazuoi, sono saliti con le loro gambe e l’aiuto di qualche
buon mulo. Poi braccia, fiato e allegria attaccata al grappin.
Gli alpini italiani hanno fatto
una gran bella opera, mettendo in ordine queste trincee in un contesto
ambientale superbo, e rendendo infine anche le nefandezze di una guerra
mondiale l’occasione per un libro di storia ancora aperto e ancora tutto da scrivere.
Invece di gite a Barcellona, porterei i nostri ragazzi delle scuole a
incamminarsi per i rifugi delle Dolomiti. Certo, si suda. Si soffre il
caldo e il freddo, non ci sono discoteche, ma si capiscono un sacco di cose.
Il Sass de Stria è una delle più
belle camminate delle Dolomiti italiane. Poi, a valle, sul Passo, preso
d’assalto dai motociclisti per lo più tedeschi, un odore di formaggio
d’alpeggio e di speck ti insegue ovunque. E penso a cent’anni fa, lo stesso
odore, lo stesso sapore, messo a tacere da qualche fucilata.
Nelle vette di montagna ci sono
sempre delle croci. Anche al Sass de Stria. Ho sempre pensato che esse, più che
lo sguardo del Creatore, rappresentino in realtà l’estensione dell’abbraccio
dell’umano all’umano, in un vortice di pace che già esso stesso è vita. Perché
solo chi si incammina per i passi d’altura, sa ascoltare al meglio il respiro
dell’anima.
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