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martedì 22 aprile 2014

L'attico di Bertone e il don Milani resuscitato


Tutta colpa di papa Francesco. Se non fosse per lui, con le sue scelte di sobrietà e coerenza evangelica, oggi non ci sarebbe tutto questo gran parlare intorno all’attico ristrutturato in cui andrà a vivere l’ex segretario di Stato, il card. Bertone. Una sfortunata tempistica per l’ex potentissimo cardinale salesiano, oggi in “meritata” pensione. Perché, in fondo, gli appartamenti lussuosi e principeschi sono stati, da sempre, antico vanto di vescovi e cardinali. Una sorta di liquidazione “di fatto” per il servizio reso alla Chiesa cattolica. Parecchi hanno diritto a una dimora che viene loro assegnata non appena entrano in carica come prefetti di congregazioni. E non è raro che un vescovo titolare comincia già a pensare al “dopo”, quando diventerà emerito, anni prima della sua scadenza ufficiale. E ognuno fa quello che può.
Per esempio, nessuno ha mai puntato il dito contro la residenza signorile dell’ex potentissimo vicario di Roma, un bell’appartamento all’interno della struttura che ospita il seminario di Roma. A casa-Ruini, fino a pochi mesi fa, venivano visti, spesso e volentieri, all’ora di cena Silvio Berlusconi e Gianni Letta: un immobile, quindi, degno di accoglienza e rappresentanza. Ma, nello stesso tempo, sono molti i dignitari vaticani che dimorano in piccole case, modeste e anche non comode. Se il seguito di papa Francesco non è da meno rispetto al “capo” – sia il segretario di Stato Parolin che i due segretari personali del papa abitano a Santa Marta, in quasi monolocali –, sono molti gli esempi di disaffezione verso “i metri quadri”. L’attuale segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino, non da oggi preferisce una dimora semplice al vescovado di Cassano allo Jonio, mentre il cappuccino di Boston, il cardinale Sean P. O’Malley, vive all’interna della modesta foresteria della cattedrale. È balzato agli onori delle cronache il caso dell’acquisto di una “mansion” da parte dell’arcivescovo di Atlanta, mons. Gregoy: un edificio di 1900 metri quadrati con terreno. Peccato che le rimostranze dei suoi fedeli lo abbiano fatto rinunciare, con pubblica ammenda e richiesta di scuse e perdono.
Sul più famoso, invece, Franz-Peter Tebartz van Elst, vescovo di Limburg, il papa ha accolto le sue dimissioni: 31 milioni di euro spesi per la sua lussuosa (?) residenza devono aver fatto tracimare la pazienza di Francesco. Intanto Francesco Moraglia, cardinale di Venezia, ha annunciato di abbandonare la storica sede del Patriarcato e di restituirla alla Procuratoria di San Marco. Ma nessuno forse ricorda che già trent’anni fa don Tonino Bello vivesse in una stanza modestissima dell’episcopio di Molfetta, peraltro occupata quotidianamente da gente di ogni tipo: rom, prostitute, disoccupati, senza tetto. Talvolta lo si scopriva a dormire in automobile, don Tonino: il suo letto era stato dato in prestito a qualche ubriaco o barbone della sera prima. E il card. Martini, sia a Gerusalemme che nel suo ritiro in una residenza gesuitica dei Castelli romani, certo non godeva di lussi e pregiati servizi.
Insomma, questioni di metri quadri. O di centimetri di Parola sacra. Vallo a capire! Così, nella grande reunion della sobrietà, ci entra pure il fiorentino don Lorenzo Milani, morto nel 1967 in odor di catto-comunismo ed eresia. Così, su richiesta del cardinale di Firenze, Betori, ai colleghi del Santo Uffizio, sappiamo tutti che non c’è più nessun divieto di stampa o altro nei confronti del libro più famoso del parroco di Barbiana, Esperienze pastorali. Liberi tutti, dunque: don Milani, il libro, l’esperienza di Barbiana. Perfino i cattocomunisti, oggi in gran spolvero. Peccato che Esperienze Pastorali sia stato uno dei libri più pubblicati in assoluto, e non c’è fedele parrocchiano o non credente che non l’abbia nella sua biblioteca personale. Su don Milani, poi, nonostante il diniego del Santo Uffizio, sono stati scritti libri e girati film, fiction, che hanno dato un contributo non di parte alla conoscenza di quella straordinaria figura di prete, intellettuale, educatore che fu don Milani.
Certo, ci saremmo aspettati, accanto alla richiesta di chiarimenti al Santo Uffizio, anche un atto, almeno, di cortesia storica: «scusate, abbiamo sbagliato per cinquant’anni.  Riconosciamo il nostro errore su don Milani». Giusto per far vedere che il pentimento fosse davvero serio. Macché.
Allora ci meritiamo i metri quadri. In eccesso, talvolta. Fuori Imu, sempre. Con l’unica certezza che oggi anima il mercato degli immobili, visto il deprezzamento delle case: Dio non applica sconti.

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