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martedì 15 aprile 2014

La mia Pasqua, a tavola con Dio


Le immagini bibliche che mi inseguono durante ogni triduo pasquale sono quelle della mia famiglia alle prese con fornelli e intingoli vari, dove la cucina era tempio e liturgia di vita. Non riesco a spodestarle dal mio inconscio. Gli odori attraversavano gli spazi della casa e ti accorgevi, davvero, oltre ogni rituale sacro, che veniva Pasqua.
Mia madre cominciava con un brodo di gallina ripieno di piccole polpette di verdura e carne, poi il trionfo di formaggi e uova. E, ovviamente, l’agnello alla brace, in memoria di racconti biblici di liberazione e di schiavitù. Pur non sapendolo – i miei genitori appartenevano a un’Italia contadina e povera –, nei loro gesti profumavano le parole dei profeti biblici, e il respiro di un Dio che non gli dispiaceva annusare, assaggiare, infine gustare.
Gesti semplici, mani di contadini e operai, pronte ad accogliere la maestosità e, insieme, la semplicità di una festa di tutti. Se lo tramandavano di generazione in generazione, di padre in figlio, di contadino in contadino. In fondo, le uova, così come il latte per fare il formaggio, non sono il simbolo della vita, della creazione? Anche il camino era sempre acceso, pure in Pasque calde, e avanti nei mesi. Davano calore, simpatia, accompagnavano la famiglia nei ricordi della guerra da poco passata (la seconda guerra mondiale), e la famiglia era, allora, un pezzo di pietra sociale che costruiva quella promessa e quella fedeltà biblica che hanno forgiato la storia dell’umanità. Una promessa “familiare” che insieme diventava amore coniugale, etica del sorriso, amicizia condivisa, solidarietà diffusa, pratica del bene comune. Questi sì, valori non negoziabili.
Ho sempre pensato che la parte più bella della storia del mondo si svolgesse a tavola. Ecco perché oggi ho grande nostalgia di “stare insieme” durante le feste pasquali. Le letture della passione e della risurrezione ne traggono vantaggio.
Quando Dio si siede vicino all’uomo è bello perdersi in esso. In casa si attendeva l’ospite, e ci si preparava ad accoglierlo, con ricche libagioni e buon vino. E quel vangelo che poi andavano ad ascoltare a messa, non era così lontano dalle mura di casa.
Questa è la mia Pasqua. Onore al Dio che si è fatto carne e promessa di fedeltà al Dio della vita.

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