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venerdì 18 aprile 2014

Sto a un anno da mezza vita

Sto a un anno da mezza vita. E inizio a pensarci seriamente. Come se il flusso della memoria e del tempo mi avvolgesse d’improvviso in un vortice di sentimenti, idee, passioni. Kronos e kairos si danno la mano, conducono la loro battaglia in perfetta letizia, non danno tregua a piedi e mani.
Eppure, a dirla tutta, mai come oggi il mio tempo è pieno. Anche profondo. Nello stesso mese hanno preso vita gli ultimi due libri, dopo che lo scorso gennaio il mio “accompagno” al duo don Gallo-De André è stato per molto tempo in vetta alle classifiche. E, nonostante i tanti impegni lavorativi, sono in fase di registrazione con il mio terzo cd di etno-music.
Un kronos che non lascia scampo, accentratore di ore fatica e sudore. Guardato a vista però da un kairos, l’avvenire di Dio nella nostra vita, che non molla gli ormeggi e sembra ritagliarsi altre mappe per un lungo viaggio.
Sto a un anno da mezza vita e ho una voglia incredibile di accompagnarmi, di nuovo, con il mio amico tempo. Smarcarmi dal resto, dall’oggi, che è già gran cosa. Dislocarmi altrove, in rifugio eremitico di legno e alture. Leggere i preferiti di sempre, accordare l’anima ai sussulti di un buon libro antico. Aprire la porta di casa e accorgersi dell’orto che cresce. Suonare la musica che si ama senza che disturbi il vicinato. Perdersi nelle biblioteche di provincia o nella viuzze del centro storico alla ricerca delle osterie di una volta. Passeggiare con il sole al tramonto senza il rischio di arrivare tardi a un appuntamento. E guardare le stelle di notte, senza timbrare l’entrata il giorno successivo.
Sono un innamorato di rotte geografiche e cammini dell’anima.Mi bastano esse.
In attesa dell’aion, il tempo migliore, alzo in alto il calice di un buon rosso d’aprile.
A un anno da mezza vita, sto oggi in una delle piazze più belle d’Italia, a Trieste. Di fronte il Mediterraneo, il mare nostrumin strada c’è odore di spezie. Ascolto le litanie della chiesa ortodossa, più in là il tempio ebraico attende shabbat e, di spalle, il vento di est sembra azzittire il calcare del Carso.
Tutto è sospeso. Chissà, forse sono già navigante, goloso di solitudine.
In attesa di salpare verso porti più insicuri.

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