Il sorriso di don Andrea Gallo è come quel suo sigaro toscano
sempre in bocca a fargli compagnia. È
contagioso. Irrompe frammenti di parole sacre, quelle che lui ha incarnato
nella sua lunga e bella vita. Ho avuto la fortuna di essergli vicino per alcuni
lavori editoriali negli ultimi tempi, e proprio in questi giorni parlavamo di
De Andrè, il suo amico
poeta degli ultimi e dei disperati. Si era commosso proprio quando abbiamo
cominciato a riflettere su quella straordinaria canzone-poesia che è “Smisurata
preghiera”. Quando parlava
di De Andrè si commuoveva
sempre, mentre con “Bella
Ciao”, la canzone dei
partigiani, quella che lui amava cantare nelle osterie e nelle feste di paese,
aveva un rapporto più
battagliero e ironico. Si sentiva partigiano, non solo da un punto di vista
storico. Era un partigiano vero, di parte, e come parte aveva scelto di stare
con gli ultimi e i reietti del pianeta.
Lui, ultimo profeta degli sbandati e
degli emarginati, non aveva scuse davanti al Vangelo. Gesù parla chiaro, diceva spesso. E
la sua Comunità di San
Benedetto al Porto ne è
l'esempio concreto. Non c'è
ultimo della terra che non sia passato per le sue braccia e il suo cuore colmo
d'amore: trans, malati di mente, disoccupati, tossicodipendenti, senza tetto,
carcerati. La feccia dell'umanità,
direbbe qualche benpensante, ma benedetta da Dio. E da don Gallo.
Un cristiano tutto di un pezzo.
Amante della sua Chiesa, e obbediente in piedi. Si è fatto sentire, eccome, anche dalla gerarchia, la
sua voce ha varcato i confini delle sagrestie e del tempio per diventare
testata d'angolo di un vangelo che è
amore e compassione.
Non si è
dato mai per vinto, e ha continuato tenacemente fino all'ultimo a lavorare per
i suoi giovani e la sua Comunità,
sia a Genova che nel resto del mondo dove aveva saputo gettare i semi
dell'accoglienza.
Incontenibile e generoso. Le sue
prediche nella messa domenicale dall'altare della piccola chiesa al Porto erano
frammenti d'amore e non era difficile trovare tra le panche non credenti
assorti e in meditazione. Una volta, ricorda don Gallo, entrò l'ebreo Moni Ovadia e lui lo
invitò vicino a lui a
recitare il “Pater”, l'antica preghiera delle
religioni sorelle.
Ha sorriso di fronte al male della
società e alle ingiustizie
che essa produce, si è
divertito con la speranza che anche i disperati possono cambiare, se vogliono,
non solo la loro condizione di vita, ma anche quella del loro paese.
Ci lascia un vuoto inimmaginabile,
come prete e come uomo amante e difensore della Costituzione. Quando fu eletto
papa Francesco, lo abbiamo visto gioire come non mai. Era davvero contento che
lo Spirito gli avesse fatto questo bel regalo per i suoi quasi 85 anni. Lo
amava papa Francesco, eccome. E ne citava ogni sua parola.
Ora che anche questo ultimo
partigiano della giustizia e della pace se ne è
andato, rimane la certezza che la lotta contro i poteri e i soprusi, anche
quando è impari, è sempre da fare se convinti
della bellezza del messaggio evangelico.
Vai con Dio, Andrea. E saluta, da
lassù, tutti gli amici che
avrai già incontrato: don
Milani, don Mazzolari, padre David Maria Turoldo, don Tonino Bello, padre
Ernesto Balducci e Carlo Maria Martini.
E vi immaginiamo, mentre state
cantando tutti insieme, il “Bella
Ciao” della speranza,
davanti allo splendore che hai sempre desiderato, un giorno, di conoscere.
Ecco fatto, mi sono commossa.
RispondiEliminaAddio don.