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venerdì 26 aprile 2013

Il Pd e il futuro della sinistra in Italia


Oltre il disastro di linea politica attuato dal Pd subito dopo la nomina dei due presidenti delle Camere, risulta evidente un “piccolo” particolare che però piccolo non è. E che, stranamente, non è apparso tra quelli trainanti nei dibattiti susseguitesi all’elezione del Presidente della Repubblica. Il piccolo, ma chiaro come il sole, particolare è che se il M5S avesse fatto l’accordo con il Pd, oggi avremmo un governo di centro-sinistra. Con tanti saluti a Berlusconi e ai suoi.
La sinistra in Italia si porta dietro, da sempre, due tendenze caratteriali e una maledizione. La prima di queste tendenze è l’istinto al parricidio. Prodi, Veltroni, D’Alema, Rutelli, Franceschini, Bersani: tendono a impallinare chiunque, in una sorta di integralismo ideologico che predilige la “verità” di coscienza (nobile arte se attuata nell’intimo del proprio animo) alla nobile e difficile arte della mediazione politica, la più alta espressione della carità e del bene comune se riesce a dialogare, invece di dividere, governare la complessità, invece di accettare l’apparente semplicità della propria e sola posizione politica.
Ne va da se che a questa tendenza fa compagnia l’istinto antico del dividere-per-sopravvivere (e poi, a  cosa, se non a  se stessi?). Solo nella sinistra italiana nascono più partiti e movimenti che nel resto del mondo.
Ma quello che segue come un’ombra la sinistra italiana è la maledizione del voto. L’Italia è un paese, storicamente, di conservatori. Punto e basta. Ancora dopo tanti anni la parola Partito Comunista, anche se “ex”, fa ancora problema alla maggioranza degli italiani e bisogna prenderne atto. Non è un caso che gli unici governi di centro-sinistra che hanno vinto le elezioni siano stati quelli di Prodi (un cattolico di centro). Massimo D’Alema governò il paese non per meriti elettorali, ma per una manovra di palazzo e del resto i suoi due governi “balneari” ce li ricordiamo più per il bombardamento dell’ex Jugoslavia che non per i successi in economia. In più, se non bastasse, il Pd in questi ultimi tempi si è barcamenato da una parte in difesa di posizioni sul tema del lavoro attente solo ai diritti acquisiti dei lavoratori disinteressandosi del tutto del precariato e del dramma occupazionale delle nuove generazioni, dall’altro ha abbandonato la classe media, lo zoccolo duro di questo paese, alle vessazioni economiche e sociali del governo Monti. Possibile, mi chiedo, che l’unico a parlare dell’Imu in Italia sia stato (ed è ancora) Silvio Berlusconi? Possibile che nessuno a sinistra si sia accorto che questa tassa, concepita almeno dai liberisti filobanchieri del governo precedente, era, è, il simbolo di un accanimento nei confronti di una classe media (che vota spesso a sinistra, ricordiamolo) che non ne può più di essere il tornaconto economico del bilancio italiano?
Ha ragione Nichi Vendola quando dice che sta pensando a un nuovo partito “di sinistra” non più ideologico. Ciò porterà chiarezza nello scenario politico futuro.
Per il Pd si tratta invece di decidere se stare dalla parte degli italiani “normali”, con nomi nuovi e programmi nuovi (Renzi, Letta, Civati sono bei nomi, spendibili, giovani e in sintonia con la nuova Italia), coerenti con la realtà socio-economica del paese, oppure di litigare e di scomparire inevitabilmente nelle prossime elezioni.
Non è più tempo di parricidi, di divisioni, o peggio di manuali Cencelli basati su cattolici ed ex comunisti. L’Italia oggi è altro. I giovani non sanno nemmeno chi è stato Alcide de Gasperi. Bisogna fare presto, questo sì. La nuova Italia è un misto di buone speranze (la creatività giovanile, i suoi ricercatori, le professionalità industriali) e antiche sacche di privilegi (il mondo bancario e finanziario in particolare) che le blocca le ali.
Se non si vuole lasciare lo spazio a “questa” destra, oggi addirittura minoritaria nel paese, bisognerà mordere con i denti  i tempi stretti di un futuro che già è oggi presente.
E riscrivere una storia che è tutta da riscrivere. 

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