Oltre
il disastro di linea politica attuato dal Pd subito dopo la nomina dei due
presidenti delle Camere, risulta evidente un “piccolo” particolare che però
piccolo non è. E che, stranamente, non è apparso tra quelli trainanti nei
dibattiti susseguitesi all’elezione del Presidente della Repubblica. Il
piccolo, ma chiaro come il sole, particolare è che se il M5S avesse fatto
l’accordo con il Pd, oggi avremmo un governo di centro-sinistra. Con tanti
saluti a Berlusconi e ai suoi.
La
sinistra in Italia si porta dietro, da sempre, due tendenze caratteriali e una
maledizione. La prima di queste tendenze è l’istinto al parricidio. Prodi,
Veltroni, D’Alema, Rutelli, Franceschini, Bersani: tendono a impallinare
chiunque, in una sorta di integralismo ideologico che predilige la “verità” di
coscienza (nobile arte se attuata nell’intimo del proprio animo) alla nobile e
difficile arte della mediazione politica, la più alta espressione della carità
e del bene comune se riesce a dialogare, invece di dividere, governare la
complessità, invece di accettare l’apparente semplicità della propria e sola
posizione politica.
Ne
va da se che a questa tendenza fa compagnia l’istinto antico del
dividere-per-sopravvivere (e poi, a
cosa, se non a se stessi?). Solo
nella sinistra italiana nascono più partiti e movimenti che nel resto del
mondo.
Ma
quello che segue come un’ombra la sinistra italiana è la maledizione del voto.
L’Italia è un paese, storicamente, di conservatori. Punto e basta. Ancora dopo
tanti anni la parola Partito Comunista, anche se “ex”, fa ancora problema alla
maggioranza degli italiani e bisogna prenderne atto. Non è un caso che gli
unici governi di centro-sinistra che hanno vinto le elezioni siano stati quelli
di Prodi (un cattolico di centro). Massimo D’Alema governò il paese non per
meriti elettorali, ma per una manovra di palazzo e del resto i suoi due governi
“balneari” ce li ricordiamo più per il bombardamento dell’ex Jugoslavia che non
per i successi in economia. In più, se non bastasse, il Pd in questi ultimi
tempi si è barcamenato da una parte in difesa di posizioni sul tema del lavoro
attente solo ai diritti acquisiti dei lavoratori disinteressandosi del tutto
del precariato e del dramma occupazionale delle nuove generazioni, dall’altro
ha abbandonato la classe media, lo zoccolo duro di questo paese, alle
vessazioni economiche e sociali del governo Monti. Possibile, mi chiedo, che
l’unico a parlare dell’Imu in Italia sia stato (ed è ancora) Silvio Berlusconi?
Possibile che nessuno a sinistra si sia accorto che questa tassa, concepita
almeno dai liberisti filobanchieri del governo precedente, era, è, il simbolo
di un accanimento nei confronti di una classe media (che vota spesso a
sinistra, ricordiamolo) che non ne può più di essere il tornaconto economico
del bilancio italiano?
Ha
ragione Nichi Vendola quando dice che sta pensando a un nuovo partito “di
sinistra” non più ideologico. Ciò porterà chiarezza nello scenario politico
futuro.
Per
il Pd si tratta invece di decidere se stare dalla parte degli italiani
“normali”, con nomi nuovi e programmi nuovi (Renzi, Letta, Civati sono bei
nomi, spendibili, giovani e in sintonia con la nuova Italia), coerenti con la
realtà socio-economica del paese, oppure di litigare e di scomparire
inevitabilmente nelle prossime elezioni.
Non
è più tempo di parricidi, di divisioni, o peggio di manuali Cencelli basati su
cattolici ed ex comunisti. L’Italia oggi è altro. I giovani non sanno nemmeno
chi è stato Alcide de Gasperi. Bisogna fare presto, questo sì. La nuova Italia
è un misto di buone speranze (la creatività giovanile, i suoi ricercatori, le
professionalità industriali) e antiche sacche di privilegi (il mondo bancario e
finanziario in particolare) che le blocca le ali.
Se
non si vuole lasciare lo spazio a “questa” destra, oggi addirittura minoritaria
nel paese, bisognerà mordere con i denti
i tempi stretti di un futuro che già è oggi presente.
E riscrivere
una storia che è tutta da riscrivere.