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lunedì 15 settembre 2014

Don Puglisi, i profeti che non dimentichiamo


Articolo apparso sul sito web dell'Azione cattolica italiana
I giusti salveranno la terra. La scrittura sacra oggi ha il cuore e l’anima di Pino Puglisi. Sono passati ventuno anni da quando don Pino fu ucciso dalla mafia quel 15 settembre 1993. Anni in cui la mafia ha continuato  a mietere le sue vittime, ma “tempo buono” anche per tutti coloro, e sono tanti, che hanno creduto, e credono tutt’ora, che la mafia la si combatte con il coraggio della normalità ed educando le giovani generazioni. “Libera”, l’associazione contro le mafie voluta da don Ciotti, altro prete scomodo, promossa anche dall’Azione cattolica, è l’esempio che qualcosa si può fare quando la società civile decide di muoversi.
Ce lo dice la storia e la vita di don Pino Puglisi. Aveva appena compiuto 56 anni, il prete dei cittadini “ribelli per amore” di uno dei quartieri a più alta infiltrazione mafiosa in terra siciliana. Un colpo di pistola pose fine alla sua vita spesa per l’educazione alla legalità con i giovani e i bambini del quartiere. E un anno e mezzo fa, un 25 di maggio che rincorre memoria e profezia, la Chiesa lo ha proclamato beato.
Le vie della santità percorrono a volte strade lunghe e inattese. Anche se la profezia, a volte, si fa fatica a riconoscerla. Eppure i nostri profeti, i nostri amici della “porta accanto”, i nostri don Pino, don Tonino Bello, mons. Oscar Romero, quelli che “odorano di pecore”, ci indicano che la via del vangelo può essere, oggi, utopia possibile.
Le nostre città, le nostre parrocchie, perfino la nostra politica può essere percorsa dal vento della profezia. La santità non è solo un percorso ascetico per spiriti mistici, ma anche e soprattutto una predisposizione a vivere intensamente l’incontro con l’Altro e ad amarlo sino in fondo, anzi “sino in cima”. Il sacrificio di don Puglisi, così come l’esempio di tanti preti sparsi nel paese che spesso lavorano nelle periferie e nel silenzio – come non ricordare il prete degli ultimi e degli emarginati, don Andrea Gallo, morto proprio nei giorni in cui la Chiesa proclamava don Puglisi beato – ci dicono che il vangelo è davvero rivolto a tutti, ricchi, poveri, dimenticati e ammalati, persi e ritrovati, emarginati e lontani. E che la giustizia è un affare non solo dello Stato ma anche della coscienza umana, via privilegiata all’incarnazione del vangelo della santità.
Don Puglisi rappresenta, con la sua vita, questo anelito di amore e servizio. Le sue attività principali, il suo essere prete ed educatore, la liturgia del quotidiano, il Comitato intercondominiale, le Sorelle dei Poveri e il Centro Padre Nostro hanno preoccupato e infastidito quel sistema politico-mafioso perché sono la dimostrazione vivente che una rivoluzione culturale ed educativa, se parte dal basso, può sconvolgere i cuori e liberare la cittadinanza, restituendole la dignità perduta.
È il miracolo della Chiesa della profezia.
Oggi, come ieri e come sempre, abbiamo bisogno di profeti veri, di santi veri perché uomini dentro la vita del mondo. La profezia evangelica è il tratto trainante della santità. E ogni buon profeta, come don Puglisi, don Tonino, Oscar Romero, perfino quel burbero con il sigaro di don Gallo, restituiscono all’umanità intera la speranza che qualcosa può cambiare. In politica, nella città degli uomini, nel tempio del Dio che amiamo. Una sorta di abbraccio tra cielo e terra che rende la profezia, e questi nostri profeti, non “statue da museo”, ma memoria vivente di un diritto alla solidarietà, alla libertà e alla giustizia che spesso si paga “a caro prezzo”.
La santità è soprattutto un modo per vivere in pienezza la nostra umanità. È il sorriso dolce e sincero di don Pino, quello stesso sorriso che ha accolto, con il martirio, il compimento di una vita donata totalmente e senza condizioni.

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