Le posizioni di cinque cardinali
conservatori pubblicate in un recente libro sulla comunione ai divorziati
risposati aprono, di fatto, il dibattito assembleare del prossimo Sinodo sulla
famiglia. Sappiamo, a riguardo, poche ma certe cose. Sappiamo che papa
Francesco ha invitato in qualità di esperti personalità della Chiesa di stampo
sia “progressista” che “conservatore”: si va da Kasper a Caffarra, tanto per
fare due nomi. Il dibattito deve essere vero, realista, ed è bene sentire
tutti. In questa visione della Chiesa bergogliana puntata tutta sull’unità
ecclesiale c’è l’anima stessa del pensiero e dell’etica gesuitica, ma c’è anche
da dire che è una costante dell’azione di papa Francesco. Un atteggiamento di
ascolto, quello del papa, sicuramente da applaudire, specie se raffrontato a
quello dei precedenti pontefici, molto più sensibili ad ascoltare opinioni
vicine alle loro.
Che discussione sia, dunque. In
stile evangelico. Sappiamo che questo Sinodo discuterà, anche con vigore, ma
non prenderà decisioni in merito alla pastorale familiare, visto che queste
saranno prese nel prossimo Sinodo ordinario del 2015. Sappiamo che i media
saranno attenti in particolare alle diatribe sorte in merito alle note
affermazioni di Kasper, che poi riprendevano tanti discorsi e “desiderata” del
papa in persona, riguardante un atteggiamento di ascolto, dialogo e
misericordia nella difficile pastorale dei divorziati, correndo il rischio di
tralasciare il resto del dibattito sinodale, che invece dovrà parlare a tutto
tondo della famiglia. Le sue fragilità, il suo futuro, la sua capacità di
vivere la fede nelle difficoltà delle vita quotidiana, le situazioni più
problematiche legate al sesso, all’età, al lavoro che non c’è. Speriamo davvero
che il dibattito venga raccontato sui media nella sua totale ricchezza di
contenuti.
Ma, ho l’impressione, che qualche
volta si faccia fatica a rendersi conto della reale resa dei conti che c’è
intorno a questo Sinodo specie riguardo al mondo tradizionalista, messo a dura
prova dalle novità bergogliana. Parlare di misericordia, ascolto, tenerezza,
con il sorriso sulle labbra come fa Francesco, vale molto di più di
un’enciclica o di un motu proprio. E cedere terreno proprio sul terreno della
famiglia appare ai loro occhi molto di più di un peccato veniale. La battaglia
è molto più ostinata di ciò che si vede: il mestiere, in questo senso, lo sanno
fare bene. Ecco perché la “resistenza” a papa Francesco negli ultimi tempi ha
ripreso vigore, annoverando tra i suoi ranghi non solo i tradizionalisti, ma
anche altre personalità non del tutto “contente” del nuovo pontificato. La
misericordia scardina la legge e l’ordine: peggio di così si muore, pensano i
“resistenti”.
Nella Chiesa di papa Francesco,
apertamente e realmente conciliare e sinodale, c’è posto per tutti. Anche e
soprattutto per i laici. Ecco perché a me pare sia venuto il momento che
intellettuali, associazioni laicali, movimenti ecclesiali, semplici fedeli, si
facciano sentire dall’istituzione ecclesiastica, e quindi anche all’interno di
un Sinodo, con delicatezza, tenerezza, e anche con coraggio, accogliendo dentro
le proprie istanze la gratuità e il sorriso del vangelo, al posto del rigorismo
morale e del sacro ridotto a legge.
Francesco si aspetta un contenuto
alto e un parlare chiaro. Credo che si aspetti anche una partecipazione attiva
da parte dei laici, d’altronde il questionario famoso delle 38 domande aveva,
di suo, questo significato. Dirsi le cose con chiarezza non significa darsi
battaglia. E’ finito, soprattutto per i laici, figuriamoci per il clero, il
tempo della mediazione. Il Sinodo dirà molte cose e sarà anche una cartina di
tornasole per immaginare un futuro diverso per la Chiesa cattolica.
I tradizionalisti combatteranno
la loro buona battaglia per un certo rigorismo teologico e morale. A chi vive
ogni giorno i problemi normali delle famiglie e delle parrocchie il compito di
non rimanere inerti ma di dire, con l’esempio e con la parola, che il tempo del
papa-re è finito ed è in arrivo una nuova aurora dove i figli (qualsiasi, neri,
bianchi, uomini, donne - soprattutto -, persino preti e laici) abbracceranno insieme il padre.
Senza medaglie di primigenia.
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