Visualizzazioni totali

mercoledì 9 ottobre 2013

Disobbediente innamorato


Articolo pubblicato nel numero di ottobre di Jesus

All’ex convento di San Girolamo nel delizioso borgo di Spello questa estate c’è stato un gran via vai. Più di seicento persone, tra luglio e agosto, sono passate per stare in po’ da sole con il Signore, in un clima di preghiera e silenzio reso possibile da una porta aperta che attende l’ospite, anche il più inatteso. Oggi Casa San Girolamo è gestita dall’Azione cattolica italiana che, con l’aiuto del comune di Spello, ha rimesso in piedi le mura fatiscenti dell’ex convento messe a dura prova dal terremoto in Umbria e dal sostanziale abbandono dei precedenti “inquilini”. Loro, i Piccoli fratelli del Vangelo della grande famiglia di Charles de Foucauld, pian piano hanno preferito altre terre di missione e sono “traslocati” in un eremo distante appena qualche chilometro, il Beni-Abbes.
Al San Girolamo, invece, la vita spirituale ha ripreso fiato. Gruppi parrocchiali, giovani coppie, viandanti della fede, stanno riscoprendo questo luogo di solitudine spirituale e di contemplazione. C’è chi si è fermato magari un solo giorno, ma tutti hanno voluto sostare in preghiera davanti la tomba di colui che ha reso celebre, dal lontano 1965, il convento: Carlo Carretto.
Sono passati venticinque anni da quel lontano 4 ottobre 1988 in cui Carlo Carretto si spense tra le braccia dei molti che gli avevano voluto bene. Già, proprio il giorno di San Francesco. Il poverello di Assisi che aveva inebriato la vita di fratel Carlo fino a fargli scegliere la povertà, la sobrietà e l’accoglienza come l’unico stile di un abbraccio con gli uomini e con il mondo. «Penso sempre che il 4 ottobre sia la data fondamentale per comprendere la storia di Carlo – chiarisce fratel Gian Carlo Sibilia, priore dei Piccoli fratelli di Jesus Caritas dell’abbazia di Santa Croce in Sassovivo, fedele amico e suo esecutore testamentario, che ha seguito passo dopo passo i ventitré anni che hanno visto Carretto a Spello, dal 1965 al 1988 -. Il dialogo con il creato, l’ascolto delle ansie e delle domande degli uomini, e una vita contemplativa mai disgiunta dal lavoro manuale nei campi e da una liturgia squisitamente “conciliare”, scevra da ogni compromesso con l’estetica del sacro e con ritualismi che già si considerava superati allora, sono nient’altro che l’applicazione pratica non solo del Concilio Vaticano II, ma tornando un po’ indietro, di quelle “fonti francescane” che hanno illuminato, insieme all’esempio del beato Charles de Foucauld, la vita spirituale di fratel Carretto. Il fatto poi che un papa di nome Francesco proprio oggi, il 4 ottobre, venga a visitare Assisi, è un ulteriore segno che Carlo ci aveva visto giusto. Lo Spirito Santo ci ha inviato un pastore che incarna l’evangelio con uno stile sobrio e di ascolto. Non potevamo aspettarci di meglio».

Eppure non tutto è andato così liscio. E anche la tempra robusta di fratel Carlo ha dovuto misurarsi con i ritardi pastorali di una Chiesa che alcune volte ha fatto finta di non capirlo. Un’avventura umana destinata a grandi cose, la sua. Nell’immediato dopoguerra è presidente centrale della Giac, il polmone giovanile dell’Azione cattolica italiana e, di fatto, di tutta la Chiesa italiana. A lui si deve lo storico raduno dei 300mila “baschi verdi” nel settembre del ’48 in piazza San Pietro, simbolo di una Chiesa e di un laicato forte, pronto alla battaglia, anche elettorale, in difesa del papa. Ma già, dal 1952, a causa della famosa “operazione Sturzo”, esplosero i contrasti, in campo cattolico, riguardo ai rapporti con la politica. Luigi Gedda, diventato da poco presidente di Azione cattolica, spinse, caldeggiato anche dalla curia vaticana, per una lista di cattolici, monarchici e fascisti da presentare alle amministrative di Roma in contrapposizione alla lista unitaria delle sinistre. Carretto, invece, e con lui i giovani di Azione cattolica, fu totalmente in disaccordo. L’operazione fallì grazie anche al diniego dello stesso Sturzo e di Alcide De Gasperi, ma lasciò il segno. Due posizioni inconciliabili: da un lato la Chiesa-istituzione che corteggia e media strategie di potere con la politica, dall’altro la Chiesa-comunità, libera dai condizionamenti temporali, illuminata solo dallo sguardo sapiente della Parola.
Una religione civile, come la chiama Enzo Bianchi, oppure una teologia incarnata nella storia? Lo stesso dibattito che ha accompagnato la storia della Chiesa in Italia fino ai giorni di oggi, e che con papa Francesco sembra aver preso una direzione più fedele alla fedeltà radicale nella “buona notizia”.
Carretto, allora, la pagò. Si nascose al mondo per dieci anni nel deserto del Sahara ed entrò a far parte della Congregazione religiosa dei Piccoli fratelli di Gesù fondata da Charles de Foucauld. Silenzio e preghiera, davanti solo l’Assoluto. Ma da lì, da quell’esperienza dura e per certi versi liberante, nacque il “nuovo” Carretto. Da lì prese spunto quel fortunatissimo libro, Lettere dal deserto, che diventò ben presto un best seller e fece di fratel Carlo uno degli autori cattolici più venduti e letti in assoluto. Centinaia di migliaia di ristampe, innumerevoli traduzioni in ogni angolo sperduto del mondo, e l’idea di Spello, quel convento di San Girolamo, che nell’immaginario dei cattolici impegnati del dopo Concilio, fu insieme dimora spirituale e rifugio per chiunque avesse voluto abbracciare il creato e un Dio che sorride.

E oggi, che ne è di fratel Carlo? Il suo messaggio è ancora di attualità? Sono passati venticinque anni, eppure fratel Carlo è vivo e presente nella storia della Chiesa e delle comunità cristiane. La sua memoria non è mai venuta meno. L’ex convento di San Girolamo è tornato a vivere grazie all’impegno dell’Azione cattolica. Recenti studi e una fiorente convegnistica fanno luce sugli aspetti più delicati della vicenda storica di Carretto: in tal senso il materiale cartaceo e audio del Fondo Carretto è stato archiviato e permette agli studiosi di accedere a una gran mole di documenti, carteggi e lettere che descrivono il clima storico della sua vicenda umana, in particolare riguardo alle sue posizioni contrarie all’abrogazione della legge sul divorzio. I suoi libri, ancora oggi, vengono letti e continuamente ristampati, soprattutto in  America Latina. Tanti gruppi parrocchiali portano il suo nome. Nell’aprile del 2010, in occasione dei cent’anni dalla nascita, due pubblicazioni edite da San Paolo Edizioni ed  Edizioni Paoline hanno raccontato la sua vita. E oggi non manca la memoria via web: il gruppo “Amici di Carlo Carretto” di facebook si appresta a toccare i mille aderenti.
Una lenta ma inesorabile attenzione nei confronti di Carretto che non nasconde pause o cedimenti. E non potrebbe essere che così. La Chiesa più “impegnata”, vicina ai lontani e a chi soffre, attenta all’ecumenismo e alle domande che pone la salvaguardia del creato, in questi anni di sostanziale allontanamento dal Concilio Vaticano II, ha avuto tra le sue fila un servo fedele nella persona di fratel Carlo.
Non a caso, alcuni lo hanno chiamato “il profeta di Spello”. Ha dato spazio alla contemplazione pura restituendole il “Dio dei sette giorni la settimana” e non il Dio unico della messa domenicale: la preghiera verso il Signore e i fratelli è anche l’abbraccio con il creato e l’ambiente che ci circonda. Ha sdoganato la Bibbia, non più oggetto sacrale in mano solo ai sacerdoti. Oggi può sembrare una cosa ovvia, ma quarant’anni fa non era affatto così. Ha masticato la Parola di Dio, dandola in pasto all’umile, al più lontano, al desideroso di dialogo. Ha privilegiato l’ascolto più dell’accoglienza, l’incontro prima della carezza. Le Beatitudini con Carretto diventano pietra d’angolo di un nuovo lessico civile dove l’Altro non è più straniero. La bellezza della liturgia, lontana anni luce da un sacro che spesso ammoniva e giudicava, torna a splendere nelle messe comunitarie dove il popolo di Dio partecipa e si sente parte di un’unica liturgia e canto di lode. I laici? Obbedienti in piedi. Perché vogliono starci in questa Chiesa con pari dignità rispetto ai pastori, sulla scia di quella corresponsabilità tra laici e gerarchia ben ispirata dalle pagine più belle del Concilio Vaticano II.
Il card. Carlo Maria Martini, sostando di fronte alla sua tomba, disse: «Mi sembra che Spello risponda a una necessità del nostro tempo, a una ricerca: è una scuola di preghiera che rimane un punto di riferimento per la storia della comunità ecclesiale italiana. Tante persone sono venute qui e hanno tratto ispirazione per il primato della contemplazione nella vita. Che cosa significa considerare una figura come quella di Carlo Carretto? Pur se tra loro diversissimi, Francesco d’Assisi e Carlo Carretto sono figure che vediamo accomunate nel tentativo di realizzare il discorso della montagna nel loro tempo, di vivere il Vangelo nel loro tempo. Francesco rimane in una luce altissima, forse un esemplare perfetto, quasi inimitabile, di vita coerente con lo spirito evangelico. Ma il messaggio di fratel Carlo è praticamente uguale a quello del santo: anche oggi si può vivere il Vangelo con coerenza e onestà».
Una spiritualità viva e ben piantata sulle vicende dell’uomo della strada, quella di Carretto. Bibbia in mano e vanga nell’altra, spiegava come l’apporto della specificità femminile nella comunità cristiana dovesse essere valorizzata e non più ghettizzata ai “soliti” lavori domestici o caritatevoli. Così come la sua posizione in favore di un ripensamento del celibato dei preti che gli valse anche un interessamento della Congregazione per la dottrina della fede, guidata dal 1981 dal Prefetto card. Joseph Ratzinger. «Nella comune maniera di vivere oggi il sacerdozio nelle diocesi – scrive Carlo Carretto in Ho cercato e ho trovato -, direi che il vero celibato mistico, gioioso, esaltante, creativo è divenuto un’eccezione. Ma come fa la Chiesa a non vedere queste cose? Come fanno i vescovi a sopportare simili ambiguità o, per lo meno, simili disastri di uomini, schiacciati dal peso di un celibato solo giuridico?».

A venticinque anni dalla morte di Carlo Carretto viene da domandarsi quanto la Chiesa oggi sia sulla strada della profezia evangelica. Francesco sta lì, ogni giorno, a indicarci che è possibile sognare una Chiesa della profezia. In fondo, non è stato anche un grido di dolore e amore, quello che fratel Carlo dettò da un letto di ospedale nel febbraio 1987 a un cronista di Adista: «Quanto sei contestabile Chiesa, eppure quanto ti amo!»?
La profezia di Carretto è in queste ultime e disarmanti parole sulla Chiesa. Una Chiesa dell’istituzione e una Chiesa della comunità dei credenti che sono il popolo di Dio, che formano l’ecclesia, senza distinzioni. Carretto de-istituzionalizza il sacro, la gerarchia, il suo stesso eremo, nel Vangelo che annuncia la buona notizia. Criticare la Chiesa, ma amarla sempre. Con libertà e coraggio. Chiedendo sempre ad alta voce, e in piedi, il rispetto per le domande di un impegno laicale che vuole servire il nostro tempo “con” e non “per” la Chiesa.
Oggi c’è papa Francesco. Le speranze di Carlo Carretto per la “buona notizia” hanno finalmente ri-trovato la via di casa.

Nessun commento:

Posta un commento