Nell’era dei corvi e della caccia alle streghe dentro le mura leonine anche
il più lontano fedele della più sperduta parrocchia avrà cominciato a
domandarsi: ma cosa sta succedendo in Vaticano? Lettere trafugate (e
pubblicate), rivelazioni inedite che disegnano un retroterra fatto di invidie,
gelosie. La guerra segreta che si sta consumando in Vaticano comincia a
preoccupare più di qualcuno. Gli esperti di “oltretevere” dicono che anche in
passato i “corvi” volassero tra gli uffici ovattati della Santa Sede e avessero
udienza in più di qualche alto dignitario di corte. Sicuramente è così. Solo
che, prima, le questioni più scottanti venivano regolate in famiglia. E nel
silenzio assoluto.
La guerra tra bande in corso, perché di guerra si tratta, è l’atto finale
di un processo di delegittimazione che le varie “anime” (forse è bene chiamarle
lobbies?) cardinalizie e i vari potentati economici che stanziano da sempre in
Vaticano si stanno vicendevolmente perpetrando da quando al soglio pontificio
si è insediato Benedetto XVI. Lo stesso Giovanni Paolo II, negli ultimi anni
della sua vita e a causa della sua malattia, di fatto non governava più la
barca di Pietro. Con l’attuale papa la situazione è esplosa, gli equilibri si
sono rotti. Prima il dramma dei preti pedofili, poi l’operazione non andata in
porto di comprare l’ospedale San Raffaele di don Verzè, infine, e soprattutto,
lo Ior, da sempre anello debole (e forte) della complessa governance economica
del vaticano, con la sfiducia improvvisa data al suo presidente, Ettore Gotti
Tedeschi. Infine lo scontro tra Segreteria di Stato e Cei per il controllo
dell’Istituto Toniolo, la cassaforte storica dell’Università Cattolica del
Sacro Cuore.
Lo Ior, la banca vaticana, è il punto di maggiore contrasto. La normativa
introdotta nel Vaticano per l’ammissione alla “white list” internazionale degli
Stati con i più alti standard di contrasto al riciclaggio di denari sporchi ha
avuto pareri discordanti. Una storia di questi ultimi tempi ma che chiarisce
bene i confini dello scontro in atto. La legge 127 entrò in vigore il 1 aprile
2011 e fu salutata dall’opinione pubblica con un certo sollievo. Benedetto XVI,
con un motu proprio, istituì un’Autorità di Informazione Finanziaria,
presieduta dal cardinale Attilio Nicora. L’Autorità doveva avere il pieno
controllo su qualsiasi movimento di denaro compiuto da qualsiasi ufficio
interno o collegato con la Santa Sede. Una rivoluzione, se si pensa ad alcuni
scandali che hanno coinvolto la banca vaticana nel suo recente passato. Peccato
che la legge è stata ben presto riscritta e rivista in parte, soprattutto la
parte riguardante i poteri dell’Autorità di controllo.
Una guerra sottile, dunque, di cifre, soldi, potere, più che di altro.
Guerra che è andata a finire sui giornali di tutto il mondo per via dei
documenti riservati dati in pasto alla pubblica opinione. In tutto ciò, se non
bastasse, Benedetto XVI si trova a dirimere questioni non proprio “evangeliche”
come lo strapotere dei movimenti ecclesiali e le loro rivendicazioni.
Insomma, un mare in tempesta con un capitano che ha ben chiara la rotta da
seguire se i suoi aiutanti di bordo facessero il loro dovere. Il paradosso di
questa guerra “oltretevere” sta proprio nel ruolo chiave del papa, preso
d’assalto da bande di corsari ma con la consapevolezza che da questa debolezza
esca fuori una Chiesa più forte. Certo, questi ultimi fatti ci dicono ancor di
più che una riforma della curia vaticana appare oggi indispensabile. Una curia
leggera, flessibile, con pochi apparati burocratici e in grado di affiancare il
papa nel suo annuncio del Vangelo. Se una Chiesa universale lontana dai lacci
del potere appare ancora un sogno, una Chiesa che sa governare al suo interno
con autorevolezza e profezia c’è davvero da augurarselo. Se pensiamo alle stupende
catechesi di Benedetto XVI, alle suo intenso magistero, non possiamo che
constatare quanto lo Spirito Santo continui a soffiare dalle parti di San
Pietro.
Semmai c’è da rispondere a una domanda che ormai le comunità ecclesiali
stanno cominciando a farsi. Cosa è successo negli ultimi anni nella Chiesa
universale e soprattutto nella Chiesa italiana? La Chiesa si è preoccupata di
annunciare il Vangelo o ha perso tempo nella mediazione con il potere? Al di là
dei maggiordomi messi in cella e dei veleni contenuti nelle lettere trafugate,
questo è il nocciolo del problema. In una lettera pubblica ai vescovi di tutto
il mondo, nel 2009, Benedetto XVI disse: «Se vi mordete e divorate a vicenda,
guardate almeno di non distruggervi gli uni gli altri».
La Chiesa è a un punto di svolta. Mentre la guerra in curia avanza, le ali
della profezia reclamano un pezzo di cielo dove vibrarsi in volo. Più che
risposte dalla giustizia civile e penale, la Chiesa ha bisogno di tornare
all’annuncio del Vangelo. Benedetto XVI lo sa bene. Più che pene esemplari, la
forza disarmante del Vangelo.
(l'articolo è pubblicato sul numero di luglio de L'Eco di San Gabriele)
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