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martedì 27 agosto 2013

Berlusconi e il patto che salvi l'Italia


Sono vent’anni che la politica italiana non riesce a togliersi dai piedi Silvio Berlusconi. È l’unico e triste dato di fatto di una cittadinanza e di una cultura sociale che non ha saputo, o voluto, divincolarsi dal miraggio dell’uomo della provvidenza che ci ha portato diritti al baratro economico e allo scadimento di un ethos pubblico che pure, in altri tempi, c’era.
Altrettanto triste è il comportamento della giustizia che, all’ultima tornata utile, ha messo il suo zampino su una vicenda che andava vista e giudicata già in altri tempi. Chiaro che approfitta di una politica ancora seduta su vecchi schemi e in piena crisi di autorità e rappresentanza.
Tristissimo, poi, ma assai spiegabile se andiamo a vedere la storia di questo nostro paese, è un ceto sociale che non ha saputo ribellarsi all’uomo di Arcore non solo con il voto, ma anche con un atteggiamento etico e di responsabilità verso il bene comune.
Ecco perché, se la politica riuscisse a “inventarsi” un patto per il bene del paese, nel quale si salvi penalmente Berlusconi e nello stesso tempo facesse, lui stesso, un passo indietro come uomo politico, ebbene quest’atto non sarebbe visto come uno scandalo o uno stravolgimento dei nostri principi costituzionali, ma, anzi, al contrario , come una vittoria della politica sul “fai da te” tanto in voga in terra nostra.
Qualcuno dirà: Berlusconi deve scontare la sua pena, per quanto impalpabile. Costi quel che costi. Con il rischio, però, di trovarcelo tra i piedi tra un po’ ancora più forte di prima.
Che la più grande disgrazia italiana dai tempi della seconda guerra mondiale sia, quindi, governata dalla politica, la quale in fondo l’ha generata.
Che si goda le sue proprietà e le sue aziende conquistate anche con l’aiuto della politica. Ma che non si faccia più vedere in giro, elettoralmente parlando.
L’Italia, e tutti noi, ne guadagneremmo.

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