Per sapere cosa pensino i papi ormai tocca
leggere La Repubblica. Nelle ultime
due settimane abbiamo assistito a una sorta di ex-cathedra quotidiana dalle pagine dei giornali, prima con la
lettera di Francesco al giornalista Eugenio Scalfari, seguito dalla missiva di
Benedetto XVI al matematico Piergiorgio Odifreddi. Ma in mezzo, c’è stata anche
l’intervista del papa attuale al direttore de La Civiltà Cattolica, una trentina di pagine dai più vista come una
vera e propria enciclica.
Francesco ci sta abituando a leggere i
segni dei tempi con un linguaggio semplice che va diretto al cuore del popolo
dei fedeli e di chi non crede. Parole come misericordia, povertà, sobrietà,
dignità, speranza, dialogo riprendono in fretta le strade dell’Esodo biblico
della tenda e della testimonianza senza mediazioni curiali o teologiche. Per
dirla con Karl Rahner, teologo gesuita amato da Francesco, la fede “ama la
terra” e il cristianesimo contemporaneo, con la parola e il sorriso di
Francesco, riprende il gusto di misurarsi con i drammi e le domande del mondo
di oggi. In una parola: il coraggio di darsi in pasto all’umanità.
Francesco non può piacere a tutti. In
queste ultime due settimane nelle quali la prima pagina dei quotidiani erano
dedicate all’attuale papa, il credente Vittorio Messori sul Corriere della Sera e “l’ateo devoto”
Giuliano Ferrara su Il Foglio hanno
espresso, anche con punte non velate di polemica dura, il loro disappunto per
una fede che potrebbe svendersi al mondo cattivo e ingiusto. Ma Francesco va
oltre. Affascina credenti e non credenti per questa capacità di posare il
messaggio di Gesù sul volto di questo mondo.
Qualcuno parla di nuova pastorale. Forse
di una nuova teologia. In realtà è una scommessa sulla buona notizia di un evangelio che salva il mondo.
Francesco ci sta portando per mano e non
ci lascia più. Tenendoci in balia di una irrequietezza dell’animo che sconfina
oggi nella sorpresa e nell’attesa di un evento epocale che tanti si auguravano.
La Chiesa, attraverso Francesco, si rimette in gioco, guarda dentro se stessa,
anticipa i tempi futuri del sacro e dello Spirito e fa piazza pulita di un
temporalismo che ha sfiancato, negli ultimi anni, la profezia evangelica e
l'annuncio della buona notizia.
Abbiamo avuto un altro papa molto abile
nei confronti dei mass media: Giovani Paolo II. Ma i modi erano diversi. Con
Giovanni Paolo II c’è la costruzione dell’evento, che in quel giorno, in
quell’ora, in quel luogo, si fa portavoce della buona notizia. I suoi viaggi
pastorali in giro per il mondo sono stati il simbolo di una Parola che si
serviva dell’evento stesso per essere rappresentata. Con Francesco è diverso.
La Parola, annunciata a Santa Marta o sulle pagine dei giornali, è l’ordinario dell’evangelio che sovverte
lo straordinario.
Sembra di essere ritornati ai tempi del
Concilio Vaticano II, quando la Chiesa scommise sulla sua capacità di
incontrare gli uomini nelle ansie e nei cambiamenti di questo mondo. Ma, è bene
prenderne atto, è il Concilio stesso a essere superato in un abbraccio di
umanità e razionalità disarmanti.
Con le due ultime incursioni sulla stampa,
Francesco disarciona i sabotatori del tempio, svuota di senso gli appetiti
personali che spesso si annidano nelle curie e nei templi sacri, riduce a
“beata” insignificanza qualsiasi organizzazione costruita per la lode al
Signore, lascia a bocca aperta gli agnostici e i non credenti, prende di petto
la Parola e le restituisce, come un fiume in piena, l’abbraccio con il mondo
intero.
Più di ogni commissione sulla riforma della
curia e dello Ior, che pure avranno i loro effetti a medio termine, Francesco
parla al cuore degli uomini senza fronzoli e con una schiettezza che cambierà
la teologia contemporanea molto rapidamente. Quell’immagine della “Chiesa che è
un ospedale dopo un campo di battaglia”, ma anche quel “Signore, insegnaci a
lottare per il lavoro”, sono le più forti
delle parole mai sentite fino a ora da un romano pontefice e mette la Chiesa,
definitivamente, a fianco del cammino degli uomini.
Una rivoluzione. L’etica contemporanea e
il cristianesimo ne saranno pervasi.
Tutti dovranno fare i conti con questo
Francesco. Tutti. I suoi detrattori, i potenti della terra, i mercanti del
tempio. E anche chi continua a chiedersi se Dio esiste.
Francesco non è
la risposta definitiva, ma un “nome” che apre strade di nuova umanità.