Forse a
qualcuno può sembrare un titolo irriverente, e l’accostamento della stola col
grembiule può suggerire il sospetto di un piccolo sacrilegio.
Sì, perché,
di solito, la stola richiama l’armadio della sacrestia, dove, con tutti gli
altri paramenti sacri, profumata d’incenso, fa bella mostra di sé, con la sua
seta e i suoi colori, con i suoi simboli e i suoi ricami. Non c’è novello
sacerdote che non abbia in dono dalle buone suore del suo paese, per la prima
messa solenne, una stola preziosa.
Il grembiule,
invece, bene che vada, se non proprio gli accessori di un lavatoio, richiama la
credenza della cucina, dove, intriso di intingoli e chiazzato di macchie, è
sempre a portata di mano della buona massaia. Ordinariamente, non è articolo da
regalo: tanto meno da parte delle suore per un giovane prete. Eppure è l’unico
paramento sacerdotale registrato dal vangelo.
Il quale
vangelo, per la messa solenne celebrata da Gesù nella notte del giovedì santo,
non parla né di casule né di amitti, né di stole né di piviali. Parla solo di
questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi con un gesto
squisitamente sacerdotale.
Chi sa che non sia il caso di completare il guardaroba delle nostre
sagrestie con l’aggiunta di un grembiule tra le dalmatiche di raso e le pianete
di samice d’oro, tra i veli omerali di broccato e le stole a lamine d’argento!
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