Vedete,
cari amici non juventini, voi non sapete cosa significhi “juventinità”. Non ne
avete mai assaggiato il sapore, un misto di odori che vanno dalla stirpe regale
sabauda degli Agnelli all’anima popolare di Furino, Brio, oggi Tevez. Semmai lo
avete maldigerito come un fritto maleodorante di rigori rubati, goals fasulli,
arbitri venduti. Almeno secondo voi.
Già,
sempre così. È quello che spetta, in fondo, ai vincenti: la dura legge
dell’invidia. Voi non avete avuto Gaetano Scirea, Marco Tardelli, Dino Zoff e le roi Michel Platini. Il popolo e la
borghesia illuminata, la cultura del lavoro in fabbrica e l’artista che dipinge
l’opera. Voi non avete avuto il signor Boniperti, e il fischio “alla pecorara”
di Trapattoni. Voi non avete avuto la prima della stagione a Villa Perosa, con
Gianni Agnelli che regalava alla stampa e al popolo affamato di gossip, le
battute e gli appellativi che duravano un anno. Ve li ricordate? Su Baggio,
“coniglio bagnato”, su Del Piero, “il pinturicchio”, fino ad Egdar Davis, “se
lo incontro di notte da solo, cambio strada”. Noi sapevamo già in anticipo come
sarebbe finito il campionato: a Villar Perosa, nella residenza degli Agnelli,
il vaticinio dell’Avvocato era la sola notizia di calcio mercato che ci
interessava. Potenza dei segni.
Si,
è vero, ci è capitato Moggi, l’anti juventino per eccellenza. E molti, per
spirito di juventinità, durante il suo assedio, hanno abdicato al ruolo di
tifoso. Lo fece prima di tutti il padre-padrone, l’Avvocato, che diede inizio,
sì, proprio lui, a calciopoli, con qualche notizia riservata ai giornali.
Sapeva del rischio della serie B, forse la C, ma non sopportò l’idea di regalare
alla Juve un destino amaro. E così fu. Un sacrificio che nessuno dimentica.
Voi
non sapete di Antonio Conte, dell’anima salentina venuta a battere i campi
incolti del nuovo stadio dopo aver solcato, con gambe da zappatore e piedi da
mediano col fiuto del goal, i fasti dell’antico Comunale. Noi già lo sapevamo:
avremmo vinto con lui. E così fu.
Di
juventinità si nasce, non si diventa. La pelota nella Juve è reale e
popolare, qualche volta persino anarchica, come il marsigliese-algerino
Zinedine Zidane. Vallo a far capire agli altri tifosi: impossibile!
Oggi,
con mister Allegri, la juventinità si prende una pausa. È successo altre volte.
Nulla di eccezionale. Ma tornerà a risplendere, prima o poi: ha un conto aperto
con il destino.
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