Il
tempo stringe per papa Francesco. C’è da mettere mano alla riforma dello Ior,
della curia, e c’è da misurarsi con il Sinodo straordinario sulla famiglia del
prossimo ottobre. Temi storicamente delicati quelli che andranno a discutere il
parlamentino dei vescovi mondiali e che già stanno procurando divisioni: comunione
ai divorziati risposati, contraccezione, coppie di fatto, legami omosessuali.
Insomma, la famiglia vista a 360 gradi, oltre le convenzioni nascoste dietro
l’ombra del sacro.
Il
tempo stringe, eccome. Papa Francesco è “fisicamente” stanco. Al lavoro, da
buon gesuita, non dà tregua e non risparmia energie. Però, a un anno e mezzo
dalla sua elezione, ha talmente stimolato l’opinione pubblica e il popolo dei
fedeli ad aspettarsi sempre una Chiesa “in uscita”, che non può, ora, arretrare
di un millimetro. Le attese, infatti, sono tante. E le domande suscitate da
Francesco riguardo una rivoluzione teologale, pastorale e curiale sono, fino a ora,
in parte, inevase. La riforma dello Ior è ancora da completarsi. A oggi non si
sa ancora come potrà “tornare” a essere una banca etica e non di affari, centro
finanziario di aiuto alle attività della Santa Sede e alle agenzie di carità.
La riforma della curia si è come impantanata. Non si capisce bene come uscirne.
Otto prelati a lavorarci, teste anche diverse, normale che qualche lentezza ci
sia. Solo che questa è vista dal popolo di Dio come “la riforma delle riforme”,
punto di non ritorno per una Chiesa rinnovata.
Poi
c’è il problema, grandissimo, della prassi pastorale. L’Evangelii Gaudium è il testamento spirituale di questo pontificato,
in ogni sua parola c’è traccia dell’anelito riformatore di papa Francesco e
l’invito a convertire i cuori, prima ancora delle mura e dell’istituzione, è
forte e chiaro. Ma basteranno solo le parole, benché importanti come quelle di
un papa, a cambiare davvero nel profondo la Chiesa? È questa la domanda che
molti si fanno, sia gli innamorati di Francesco che i suoi detrattori. Basteranno
le parole e i gesti?
Chi
non crede alla rivoluzione profetica di Francesco prende linfa vitale dalle
lentezze curiali e dalle differenti impostazioni al Sinodo tra cardinali che
già cominciano a punzecchiarsi, e non cela un inossidabile ottimismo sul
dopo-Francesco: il ritornello ormai è imparato a memoria, «vedrete, tutto
tornerà come prima..». Chi invece crede fermamente in questa nuova stagione
della Chiesa si trova un po’ spiazzato da una resistenza al nuovo che trova
accoglienza sia in curia che nelle sagrestie, non di rado passando per un
clericalismo dei laici che ancora fa proseliti nelle parrocchie e nelle
comunità ecclesiali.
La
rivoluzione interiore di Francesco ha bisogno di maturare nelle coscienze, adotta
i tempi lunghi della profezia biblica, ma la domanda che sale dal basso è:
quando Francesco non sarà più papa, cosa succederà? E soprattutto: avrà fatto
in tempo a fare le riforme? In effetti, a guardare la storia, il Concilio
Vaticano II (che, ovviamente, non è un’esortazione…) ha cambiato realmente le
cose, basti pensare al ruolo dei laici e alla riforma liturgica. Ma si era
scritto qualcosa, nero su bianco. La teologia innovatrice del Concilio era
passata per la cesoia, necessaria, dei canoni e dei regolamenti. E non è
nemmeno detto che i conclavi ci facciano vedere un film già scritto. Il
conclave che elesse Giovanni Paolo II, dopo solo un mese da Albino Luciani, e
quindi con gli stessi cardinali elettori e le stesse impostazioni ideali,
cambiò le carte in tavola nella storia della Chiesa universale. Così come il
conclave appena concluso, in netta maggioranza ratzingeriana, ha invece eletto
un papa totalmente diverso dal suo predecessore.
Un
rinnovamento pastorale ha dunque bisogno, subito, di alcuni paletti volti a
regolamentare il traffico di sogni e aspettative derivanti dalla
misericordia-tenerezza di papa Francesco. L’energia solare e sorridente
latino-americana insieme, dunque, all’austerità del diritto canonico di stampo
europeo. L’impressione è che ci voglia anche questo.
Il
tempo non gioca a favore di Francesco. È ora che dia un colpo di acceleratore.
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