Quel
sigaro toscano che fumava dalle cinque del pomeriggio fino a notte fonda, se lo
toglieva dalla bocca solo quando parlava di Fabrizio De Andrè. L’amico delle
lotte per gli esclusi, l’amico della Genova del porto vecchio, il compagno di
tante battaglie. L’ho visto poche volte, il Gallo, commuoversi davanti alla
vita randagia e umiliata che gli si affacciava davanti ogni giorno, una durezza
che lui metteva davanti a tutto e a se stesso per salvaguardare l’incontro con
l’Altro. E quando lo ha fatto, lo ha fatto per lui, Faber.
Ho
parlato a lungo con Andrea, per due anni almeno, dentro quel suo studio pregno
di tabacco e colmo di libri. Ci
incontravamo di notte, fino all’inizio di nuova alba. Mi aveva preso anche a
ben volere: mi apostrofava come il suo “vaticanista di riferimento”. Ma quando
i discorsi andavano “oltre”, e quell’oltre era l’ascolto di Creuza de mä
e di altre ballate del suo amico fragile Faber, lui, il Gallo, si commuoveva
davvero.
Una
voce increspata. Si fermava, toglieva il sigaro dalla bocca, batteva i pugni
sul tavolo e mi diceva: «scusa, sai, non ce la faccio proprio a continuare su
Fabrizio. Mi prende un nodo alla gola». Sapevo però cosa fare per riprendere la
conversazione: bastava ricordagli qualche aneddoto da “vaticano e dintorni” che
subito gli riprendeva il sorriso, regalandomi delle barzellette inaspettate da
scompisciarsi dalle risa sul personaggio leader del suo buonumore, il fu
cardinal Giuseppe Siri.
Oggi
che in libreria esce il frutto di queste lunghe conversazioni e tanta musica ascoltata
insieme, ne gusto il nettare proibito. Mi sento un fortunato: da giornalista,
da musicista, e da amante della “buona battaglia” ho potuto scrivere un libro,
insieme a don Gallo, in cui la musica è l’arte che cambia la vita degli uomini
e restituisce dignità a un’umanità ferita e ormai disillusa.
Ecco,
oggi mi viene da dire che forse bisognerebbe ricominciare da qui: da una buona
musica e da parole che sappiano scaldare i cuori e le passioni. Per un paese
che ha perso ogni riferimento morale, oggi io mi ascolto di nuovo Fabrizio De
Andrè. Poeta degli esclusi e perso in un Dio dell’amore e non dei precetti. In
cerca di un incontro con l’uomo, chiunque esso sia, e non di una legge.
Ciao
don Gallo, ciao Fabrizio. Se oggi siamo migliori, lo dobbiamo anche a voi.
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