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giovedì 21 febbraio 2013

Chi sarà il nuovo papa?


Da giorni impazza orma il toto-papa. La sensazione evidente è che in una pluralità molto composita di nomi, prima o poi qualcuno dirà “l’avevo detto”. In realtà questo Conclave porta all’attenzione di tutti una novità essenziale: più che un nome papabile appare forte l’idea che c’è dietro l’elezione di “questo papa”.
Non sarà un papa di mediazione. Difficile che lo sia, anche se, all’ultima votazione e a urne quasi chiuse, quando i cardinali sapranno già chi vincerà, è possibile che la lobby perdente cerchi “la” soluzione tipica del centralismo romano-vaticano: a voi il papa, a noi il segretario di Stato. Possibile, ma improbabile.
Le dimissioni di Benedetto XVI hanno creato un vulnus all’interno del potere romanocentrico. Nulla è più come prima. L’immagine di una Chiesa divisa da scandali e intrallazzi di potere ha varcato il portone di San Pietro e, se ciò ancora non è ben chiaro ai curiali italiani troppo indaffarati a difendere posizioni, status e un briciolo di potere che si squaglierà come neve al sole ben presto, al contrario è bene evidente a tutti quei porporati e uomini di Chiesa che non hanno frequenza con le segrete stanze d’”oltretevere” e che vivono e operano la loro carità cristiana, ahimè per gli italiani, lontani migliaia di chilometri da Roma. Il vulnus delle dimissioni ha sgretolato regole antiche, messo in discussione burocrazie e leggi non scritte. Ha ridisegnato, insomma, la mappa di un cristianesimo più vicino all’uomo che non alle banche e ai governi.
Le tentazioni di riprendere in mano la situazione ci saranno in Conclave, eccome. Il potere attuale non cederà il passo tanto facilmente. Ma questa volta in Conclave si parlerà dell’immagine di una nuova Chiesa al passo con i tempi. Aperta al dialogo, in ascolto delle domande dell’uomo, tesa ad annunciare il vangelo per le strade del mondo. È qui lo scontro. Non sui nomi. Ma su un’idea diversa, forse, chissà, veramente in linea con quel Concilio tradito, annacquato, vilipeso e che noi ancora ci ostiniamo a chiamare Vaticano II.
La battaglia non è sui nomi, che verranno dopo. La guerra, perché di guerra si tratta, è se la Chiesa si chiuderà a riccio a difesa dei suoi privilegi e forse per paura di affrontare il nuovo che avanza, oppure se si aprirà a una nuova era dove Gesù non sia solo un messaggio da veicolare, ma possibilmente da incarnare.
Scenari futuri? La Chiesa si gioca molto con questo Conclave. Un arroccamento di conservazione rischierebbe di farla implodere. Una ventata di novità avrebbe il coraggio di ridimensionare finalmente il suo potere temporale e ridisegnare le fondamenta del ministero petrino.
Dopo, ma solo dopo, ci occuperemo del nuovo papa. Che sarà un onesto servitore della vigna del Signore, padre e fratello di tanti cristiani nel mondo, uomo e cittadino delle beatitudini.

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