Da
giorni impazza orma il toto-papa. La sensazione evidente è che in una pluralità
molto composita di nomi, prima o poi qualcuno dirà “l’avevo detto”. In realtà
questo Conclave porta all’attenzione di tutti una novità essenziale: più che un
nome papabile appare forte l’idea che c’è dietro l’elezione di “questo papa”.
Non
sarà un papa di mediazione. Difficile che lo sia, anche se, all’ultima
votazione e a urne quasi chiuse, quando i cardinali sapranno già chi vincerà, è
possibile che la lobby perdente cerchi “la” soluzione tipica del centralismo
romano-vaticano: a voi il papa, a noi il segretario di Stato. Possibile, ma
improbabile.
Le
dimissioni di Benedetto XVI hanno creato un vulnus all’interno del potere
romanocentrico. Nulla è più come prima. L’immagine di una Chiesa divisa da
scandali e intrallazzi di potere ha varcato il portone di San Pietro e, se ciò
ancora non è ben chiaro ai curiali italiani troppo indaffarati a difendere
posizioni, status e un briciolo di potere che si squaglierà come neve al sole
ben presto, al contrario è bene evidente a tutti quei porporati e uomini di Chiesa
che non hanno frequenza con le segrete stanze d’”oltretevere” e che vivono e
operano la loro carità cristiana, ahimè per gli italiani, lontani migliaia di
chilometri da Roma. Il vulnus delle dimissioni ha sgretolato regole antiche,
messo in discussione burocrazie e leggi non scritte. Ha ridisegnato, insomma,
la mappa di un cristianesimo più vicino all’uomo che non alle banche e ai
governi.
Le
tentazioni di riprendere in mano la situazione ci saranno in Conclave, eccome.
Il potere attuale non cederà il passo tanto facilmente. Ma questa volta in
Conclave si parlerà dell’immagine di una nuova Chiesa al passo con i tempi.
Aperta al dialogo, in ascolto delle domande dell’uomo, tesa ad annunciare il
vangelo per le strade del mondo. È qui lo scontro. Non sui nomi. Ma su un’idea
diversa, forse, chissà, veramente in linea con quel Concilio tradito,
annacquato, vilipeso e che noi ancora ci ostiniamo a chiamare Vaticano II.
La
battaglia non è sui nomi, che verranno dopo. La guerra, perché di guerra si
tratta, è se la Chiesa si chiuderà a riccio a difesa dei suoi privilegi e forse
per paura di affrontare il nuovo che avanza, oppure se si aprirà a una nuova
era dove Gesù non sia solo un messaggio da veicolare, ma possibilmente da
incarnare.
Scenari
futuri? La Chiesa si gioca molto con questo Conclave. Un arroccamento di conservazione
rischierebbe di farla implodere. Una ventata di novità avrebbe il coraggio di ridimensionare
finalmente il suo potere temporale e ridisegnare le fondamenta del ministero
petrino.
Dopo,
ma solo dopo, ci occuperemo del nuovo papa. Che sarà un onesto servitore della
vigna del Signore, padre e fratello di tanti cristiani nel mondo, uomo e
cittadino delle beatitudini.
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