Il violino di Ion Stănescu sembra uscito fuori da
quella banda multiculturale che ha reso grande uno dei film più belli dello
scorso anno, Il Concerto. È davvero
pazzesco il suono del suo violino. Moni Ovadia racconta che l’unica spiegazione
a tale virtuosismo incredibile risiede nel fatto che solo i popoli esiliati e
perseguitati, chi ha percepito il dolore sulla propria pelle, possono avere
questa forza propulsiva che gli esce fuori dall’anima, così, all’improvviso.
Ebrei e rom, in ciò, sono maestri. Lui, Stănescu, madre rom e padre ebreo, lo
trovi primo violino nelle grandi orchestre sinfoniche della musica ungherese e
rumena, così come, con il cappello in mano, a suonare musica nelle strade e
nelle metropolitane delle nostre città. Solo per il piacere della musica. Così
come Marian Serban, al cymbalon, altro strano strumento nato dal pianoforte ma
dal suono percussivo-melodico. Marian ne è maestro: ascoltarlo nelle piazze
romane è un godimento. Come folgoranti e molto gipsy sono le note di Albert Florian Mihai su una
fisarmonica suonata a una velocità strabiliante, con variazioni jazzistiche e
uso dei tempi dispari che fanno arrossire tanti musicisti molto più famosi di
lui.
Insomma, la musica. Perché la musica, quella vera che
interroga l’anima e percorre i cammini dei popoli, è una delle arti
“spiritualmente nobili” che restituisce al mondo l’amore per la verità storica.
Senza confini. Ebrei e zingari, il
concerto-spettacolo di Moni Ovadia con la sua orchestra itinerante e
sgangherata fatta di rom, ebrei e italiani in bilico tra Antico Testamento e
terre del Sud, è un piccolo ma appassionato contributo alla battaglia contro
ogni razzismo. Nella Giornata della Memoria, una sorta di testamento biologico. Andrebbe
proiettato nelle scuole. Rom ed ebrei, i due popoli fratelli, a lungo hanno
marciato fianco a fianco nella sorte, ma dopo la persecuzione nazista, le
strade si sono divise. Gli ebrei hanno cambiato in meglio la loro storia, il
popolo rom invece molto spesso continua a subire il calvario del pregiudizio,
dell’emarginazione.
Uno spettacolo da non perdere. Un contributo sonoro
che è un omaggio al gusto della libertà e alla storia, troppo spesso enunciata
e poco praticata, dei diritti umani. Per una Giornata della Memoria più equa e
rispettosa delle vicende storiche dell’ultimo secolo.
Un miracolo che, a volte, solo la musica riesce a
fare.