Comunque la si
giudichi, la netta vittoria della lista Syriza in Grecia e del suo leader
Alexis Tsipras, costituisce una novità importante
nello scacchiere geopolitico europeo. C’è dunque
il nuovo premier greco, il più giovane
degli ultimi 150 anni. Ma c’è anche una nuova politica e un nuovo modo di intendere le
ragioni “della sinistra”, lontane mille miglia dalle suggestioni del passato.
Forse, a spaventare le cancellerie di mezza Europa, c’è più questo che non lo
svincolarsi dalla zona-euro da parte della Grecia, possibilità oggettivamente assai
improbabile.
Dalla
Grecia arriva una ventata d’aria nuova in senso riformatrice. Il voto contro l’austerità, certo aiutato da una situazione economica-sociale
deprimente, è stato forte e chiaro e, a sentire il programma elettorale di
Tsipras, ci sono tutte le condizioni, politiche ed economiche, per far uscire
la Grecia dal circolo vizioso dell’austerità e far tornare a crescere l’Europa.
Ma,
in realtà, cose in bolle in pentola nell’infuocato
territorio greco, preda negli ultimi anni di speculazioni e un debito pubblico
altissimo, con una situazione sociale al limite della disintegrazione e con le
agenzie di rating che hanno collocato la Grecia a livello di “spazzatura”?
Dalla Germania si è già fatta sentire la voce del presidente della Bundesbank, intenzionato a far rispettare gli impegni internazionali e il programma di salvataggio del Paese, sostenuto dalla cosiddetta Troika, cioè Ue, Bce e Fmi. Dall’altra parte c’è un programma elettorale fin troppo chiaro: il taglio del debito da trattare con l’Ue, l’aumento delle pensioni e degli stipendi, il taglio delle tasse.
Dalla Germania si è già fatta sentire la voce del presidente della Bundesbank, intenzionato a far rispettare gli impegni internazionali e il programma di salvataggio del Paese, sostenuto dalla cosiddetta Troika, cioè Ue, Bce e Fmi. Dall’altra parte c’è un programma elettorale fin troppo chiaro: il taglio del debito da trattare con l’Ue, l’aumento delle pensioni e degli stipendi, il taglio delle tasse.
L’idea
che la ripresa economica non si basi solo su una politica neoliberista e
restrittiva e abbia, invece, altre possibilità di sviluppo in una
direzione post-keynesiana soprattutto nelle aree del Sud Europa, è stata più volte condivisa anche dal
nostro presidente del Consiglio, Matteo Renzi. E, in questo, la vittoria di
Tsipras va nella direzione voluta da Renzi.
Una
buona fetta dell’opinione pubblica europea e larghe fasce popolari non ne
possono più della politica di austerity targata Germania, anche
perché è fin tropo evidente che tali
politiche funzionino meglio in paesi dove il vincolo di bilancio è, più che una legge, un’idea
largamente entrata a far parte della coscienza di quei popoli. E, nello stesso
tempo, la vittoria di Tsipras nella piccola Grecia potrebbe diventare invece in
breve l’architrave di politiche di bilancio e monetarie europee
lontano dai desiderata degli attuali cancellieri e grandi burocrati che
detengono le chiavi del potere in Europa.
Tsipras
vuole poche cose, ma tutte assai chiare alla Troika: cancellare la maggior parte del valore
nominale del debito pubblico; includere una clausola di crescita nel rimborso della parte restante del
debito in modo che il pagamento degli interessi sia finanziato dai progressi
del Pil e non con nuovo debito; includere una moratoria al pagamento degli interessi per finanziare investimenti; escludere gli investimenti pubblici dai vincoli del Patto di stabilità e di crescita; avviare un new deal europeo di investimenti pubblici finanziati dalla Banca
europea per gli investimenti; aumentante gli investimenti pubblici di almeno 4 miliardi; ripristinare stipendi e pensioni in modo da aumentare i consumi e la domanda;
investire in conoscenza, ricerca e nuove tecnologie,
al fine di far rientrare i tanti cervelli greci emigrati all’estero; e, infine, ricostruire lo stato sociale e lo stato di diritto grazie alla meritocrazia.
Dallo “sgangheratissimo” Sud Europa (Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, anche Francia…), che più ha risentito della crisi economica internazionale, sta
arrivando un’idea diversa di politica economica, più attente alle ragioni del welfare, dei
diritti, della solidarietà e orientata verso uno sviluppo economico “orizzontale” condiviso dalla popolazione.
Insomma, più politica e meno moneta. Più redistribuzione del reddito, meno
banche centrali. Più meritocrazia, meno assistenzialismo. Non è una rivoluzione, ma poco ci manca.
L’Europa è avvertita. Non abbiamo la sfera di cristallo per immaginare
cosa succederà, ma la storia insegna quanto l’ottimismo della politica sia capace di fare da volano a una recessione
economica che, almeno fino ad adesso, non accenna a placarsi.
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