Questo
Natale duemilaquattordici ci sta davanti con le sue palline colorate e la crisi
economica. E lo scontro tra la solitudine e l’ingordigia delle città
d’occidente che sembrano vivere la precarietà, etica e sociale, come momento di
un passaggio epocale, dove ognuno di noi fa i conti con il proprio bilancio
familiare, si appoggia al tepore di una liturgia inconsueta, che porta, con
leggerezza, la Buona notizia.
Il
viaggio della fede e del pane di Giuseppe e Maria, e poi del loro figlio Gesù,
in un Natale che sembra quasi un esodo biblico per le dimensioni della
recessione e le inevitabili ricadute sulle già incerte fragilità esistenziali,
appare ai nostri occhi come il cammino da compiere.
Da
fare a piedi, e ascoltando la Parola. Ci viene da pensare a un Natale della
porta accanto – ce lo ricorda don Tonino Bello con la sua Maria
della porta accanto –, il Natale del pianerottolo di casa, del dialogo tra
generazioni, dell’incontro con l’ospite inatteso, di chi si spezza la schiena
di lavoro per portare a casa dignità e sostentamento. La festa privilegiata di
chi, di solito, non fa mai festa. Perché condannato, povero, allontanato,
perché senza lavoro. Perché orfano di parole tra gli uomini.
Una
liturgia accogliente dove Gesù che nasce è angelo custode e stella cometa del
prosieguo di un cammino accanto all’umanità che ascolta il respiro del lontano.
Colui che si mette in cammino, l’Altro da
noi, per terra e per mare, in cerca di approdi di grano e paglia, porta già
con sé il soffio dello Spirito che consola, protegge, allatta.
In
viaggio, sui passi dell’immigrato di nome Gesù. Con i viandanti in fuga da
Erode, Giuseppe e Maria. «Nascesse oggi – scriveva tempo fa Erri De Luca –
sarebbe in una barca di immigrati insieme a Maria, gettato a mare in vista
della costa di Puglia o Calabria. Forse continua a nascere così, senza
sopravvivere, e il venticinque dicembre è solo il più celebre dei suoi
compleanni. Dopo di lui il tempo si è ridotto a un frattempo, a una parentesi
di veglia tra la sua morte e la sua rivenuta. Dopo di lui nessuno è residente,
ma tutti ospiti in attesa di un visto. Siamo noi, pasciuti di Occidente, la
colonna di stranieri in fila fuori all’ultimo sportello».
Un anno intenso, questo. In
compagnia di buona musica, libri e volti nuovi, sorridenti, solidali, spesso giovani.
Io lo festeggio così, questo Natale: ho appena pubblicato il nuovo cd, “Il
primo viaggio”, e questo (https://www.youtube.com/watch?v=gNpunF_HeO8) è un brano del cd che mi
piace condividere. Per chi sa immaginare futuro diverso
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