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venerdì 8 giugno 2012

Di padre in figlio, il filo della fede

Le parole di don Tonino Bello fanno pensare. Anche rabbrividire. La sua profezia ti entra nelle ossa e non esce più. La sua bellezza arcaica ti accarezza l'anima e non ti lascia più. Non dobbiamo quindi sorprenderci se Rosy Bindi e Nichi Vendola, due giorni fa, alla libreria Feltrinelli di Roma, abbiano raccontato don Tonino con il gusto per il ricordo di una persona che ci manca e con la certezza che la sua testimonianza profetica oggi sia per tutti noi occasione di nuovo umanesimo.
Mi viene da pensare al peccato di omissione di "buona speranza" che in questi anni questo Paese ha compiuto contro se stesso. Dobbiamo davvero ricominciare da lì: trasmettere, di padre in figlio, questo sottile filo rosso che accomuna la storia degli uomini e delle idee che hanno incarnato il bene e il sogno di un'Italia migliore. Una "buona speranza", laica e cristiana insieme, fede e bene comune, bellezza del creato e rispetto delle regole.
Abbiamo davvero perso del tempo, rincorrendo facili chimere al passo con i tempi.
Ricominciare da lì, dalla terra dei nostri padri, dal "gomitolo dell'alleluja", come avrebbe detto il mio maestro Paolo Giuntella.
Ostinatamente. In direzione ostinata e contraria (al vento di oggi). Ritessendo memoria collettiva e tessuto civile, diritti e doveri di cittadinanza. E non possiamo nemmeno permetterci il lusso di perdere altro tempo.
Io ci credo.

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