L’elezione
di Mattarella porta all’attenzione dell’opinione pubblica il tema politico e,
direi, civile ed etico, dell’importanza del ruolo assunto dal cattolicesimo democratico
nei confronti di questo Paese. Una cultura profondamente attenta ai valori della
Costituzione italiana e che ha avuto anche, sul versante ecclesiale, un
notevole effetto persuasivo in quella ventata riformatrice che fu il Concilio
Vaticano II. Ma una cultura che è stata devastata e mortificata, allo stesso
modo, dal ventennio berlusconiano e da una non felice congiuntura
storico-politico-ecclesiale che ha messo in simbiosi il potere berlusconiano
con il duo, allora dominante, Wojtyla-Ruini.
Il
bene comune? Parola da dimenticare, adatta ai convegni nostalgici. Lo stato sociale,
il welfare? E che ci importa. La democrazia sostanziale? Meglio le passerelle
dove fanno lustro l’estetica del falso (spesso in bilancio). La Chiesa? All’assalto
del mondo, in difesa (solo nominalmente) della famiglia e dei suoi valori irrinunciabili,
e data in pasto per lunghi anni ai movimenti ecclesiali, gli unici in grado di controllare,
con la leadership dei fondatori, democrazia ecclesiale e adattabilità alle
diverse esigenze di politica ecclesiale.
Eppure,
nonostante tutto, l’idea che la democrazia faccia rima con eguaglianza e
diritti, oltre che con libertà e garanzia, ha continuato, in silenzio, ad appassionare
giovani e cittadini qualunque, grazie anche al merito di un’associazione ecclesiale
come l’Azione cattolica, l’unica in questi anni ad aver continuato a investire
sulla formazione delle coscienze e su un’idea di democrazia che avvicinasse
vangelo e vita. Ovviamente, anche l’Azione cattolica, messa ai margini per lungo tempo dal
dibattito politico ed ecclesiale…
Sono
stati anni difficili. Le parrocchie chiuse al dialogo e a un discorso inclusivo
con le varie realtà territoriali ed ecclesiali, i parroci paurosi del potere
dominante, la Chiesa alla fine quasi schiava dell’effimero e della mediazione
temporale con il potere, la politica asfittica che raramente ha saputo coniugare
le istanze più alte della Costituzione con le scelte degli uomini, dei
parlamentari e dei governanti. Insomma, un disastro. Ma, sotto sotto, come il
seme evangelico che muore e porta frutto, la pianta ha saputo germogliare e prendere
vita.
La
lunga transizione italiana verso la modernità e la compiutezza democratica ha
avuto, dunque, anni difficili. Mi ricordo quando, da ragazzo, andavo a tutti
gli appuntamenti estivi di Brentonico della Rosa Bianca e a quelli della Lega democratica
seguendo il mio maestro Paolo Giuntella (che ora, giustamente, starà brindando
in paradiso con Vittorio Bachelet, Roberto Rufffilli e Pietro Scoppola). Sembravamo
dei marziani, perché poi, nell’atto di attualizzare i nostri sforzi e le cose
apprese nei territori di appartenenza (quartiere, parrocchia, partito, scuola,
università…), eravamo ghettizzati e messi in un angolo. Però, poi, quella stagione ha messo radici nelle nostre vite, nelle famiglie, nelle relazioni.
Oggi,
per una straordinaria congiuntura civile, politica ed ecclesiale (c’è anche
papa Francesco, a quanto pare…) il cattolicesimo democratico torna a essere una
cultura “a servizio” dell’Italia. Una possibilità di futuro diverso per il nostro
Paese dovuto anche all’abilità di Matteo Renzi, così (apparentemente) lontano,
anche fisicamente, dai fondatori storici del cattolicesimo democratico.
Ma qui, sta la sfida prossima. Gli anni sono passati e anche il cattolicesimo
democratico può essere oggi, ancor di più, con i suoi morti ammazzati dal
terrorismo e dalla mafia e con le sue intelligenze messe da parte dal potere
dominante e da carriere facili, l’architrave di una idea di democrazia che,
insieme ai diritti e alle libertà personali, riconosce nell’Altro una
possibilità di crescita democratica.
E
bisogna riconoscere che chi, anche all’interno di questa cultura, non ha saputo
riconoscere in tempo il cambiamento impersonificato da Matteo Renzi, ha forse
peccato di superbia intellettiva (questa sì, un po’ il vizio di alcuni catto
democratici…).
Oggi
è tempo nuovo. Per il Paese, e per la cultura cattolico democratica. L’elezione
di Mattarella dimostra che i tempi nuovi della politica possono andare
d’accordo con una storia che ci riguarda tutti e che ha dato vita a
Costituzione e Concilio.
Mi
sembra già questo un’ottima notizia.