La notizia che Youssou N’Dour
dice addio alla musica per partecipare alle prossime elezioni presidenziali
senegalesi non può passare inosservata. Il cinquantaduenne senegalese, infatti,
non è una celebrità del pop solo africano, è qualcosa di più. Scoperto da Peter
Gabriel con l’etichetta Real World e successivamente lanciato al grande
successo internazionale con il pezzo Seven Seconds cantato in duetto assieme alla svedese Neneh Cherry,
è l’emblema stesso dell’Africa viva e migliore. E che non accetta di essere
colonizzata dall’Occidente “bianco” e avanzato. La voce particolare e il suo
modo di danzare, lo mbalax, nato e cresciuto dai griot dell’etnia wolof, accompagnato
dal sabar, uno strumento a percussione tradizionale, e ora con djembé e tamburi
di derivazione più moderna, ha letteralmente reinventato il beat africano in
favore di suoni e voci che fanno capire cosa potrebbe essere, oggi, l’Africa.
Un talento assoluto. Mentre altri
artisti se ne sono andati dal loro paese, il suo studio di registrazione a
Dakar, in terra senegalese, è un omaggio alla tecnica che crede nel futuro. I
suoi musicisti sono senegalesi, ormai amati dalle grandi popstar
internazionali.
Con Youssou N’Dour si balla ai
concerti. Ci si muove, si entra in un coinvolgimento ritmico pazzesco, come
quando si assiste alla messa domenicale della comunità congolese alla chiesa
della Natività di Nostro Signore a Roma. La musica parla, insegna, appassiona,
comunica amore. Quell’amore che il cantante vuole riversare nella politica. Dal
prossimo 2 gennaio, infatti, spenderà tutte le forze affinché il suo movimento
politico conquisti la fiducia del popolo e il prossimo 26 febbraio liberi il
Senegal dal malgoverno dell’attuale capo di Stato, Abdoulaye Wade.
Da anni è uno dei portavoce del
movimento anti-povertà, e si è battuto per la cancellazione del debito nei
paesi africani e contro il razzismo insieme al suo amico Bono Vox degli U2.
Nato in uno slum di Dakar e figlio di un meccanico, ha dunque deciso
di scendere in campo. La gente nel Senegal vive con appena tre dollari al
giorno e la disoccupazione avanza. «Per me esistono due Senegal – ha detto
Youssou N’Dour – Il Senegal dei non abbienti e quello dei ricchi. Ecco io mi
preoccupo del Senegal dei non abbienti».
La musica in Africa è sempre
stata la “voce” primordiale della coscienza collettiva. Prima con Mama Africa,
cioè Miriam Makeba, poi con Salif Keita, solo per citare due grandi artisti. Ma
ciò non deve meravigliare. Dalla magia del ritmo africano si spande un profumo
che ha i sapori della solidarietà e dell’amicizia tra i popoli.
Chi non ha capito questo, in
fondo, non ha capito l’Africa.