Le
scommesse nel calcio? Ci eravamo abituati. Forse, oggi, lo siamo ancora di più,
sono persino legalizzate. Gli integratori “alimentari” usati come “aiutino” per
gli sport dove lo sforzo fisico è importante? Altro che. Fantozzi (interpretato
da Paolo Villaggio) che beve una strana bibita durante una salita di montagna
in bicicletta è rimasta nell’immaginario di tutti. Ed eravamo solo nel 1980.
Calciopoli è solo di qualche anno fa (pardon! Calciopoli ha interessato solo
mezza Italia, e cioè quella juventina, come se le colpe del calcio malato
fossero ascrivibili sono a una squadra o a un dirigente, mentre tutti gli altri
erano puliti. E alla squadra più ”pulita” è stato anche assegnato uno scudetto
non vinto sul campo). I giocatori che si tolgono la maglia per alcune pressioni
dei suoi tifosi? Anche questo abbiamo visto.
Tant’è.
L’Italia, anche nel calcio, rimane sempre il paese della commedia, se non fosse
che le cose ora cominciano a essere preoccupanti. Il capo della Procura di
Bari, Antonio Laudati, che si occupa della scommessopoli di oggi, rispondendo
alle domande di un giornalista, ha detto: «le scommesse negli ultimi anni hanno
avuto un’evoluzione inimmaginabile rispetto a prima. Si scommette durante tutto
l’arco della partita e non si scommette più solo sul risultato, ma anche su
singoli episodi del gioco, su una punizione, su un calcio d’angolo, su
un’espulsione. Questo fa sì che le scommesse possono condizionare non il
risultato, ma singoli eventi di gioco». Il business delle scommesse oggi è molto
ampio, i dati ufficiali dicono che il fatturato di quello legale è di 4
miliardi di euro, ma che solo il 30% della portata generale delle scommesse va
sul circuito legale. Quindi, abbiamo una massa di denaro che oscilla tra i 12 e
i 15 miliardi all’anno. «Questo – conclude Laudati –
ha sicuramente attirato gli interessi della criminalità organizzata, per cui,
purtroppo, sul calcio c’è stata una pressione molto forte con degli interessi
molto importanti in gioco e questo ha condizionato alcuni eventi sportivi».
Ne
usciremo fuori? Ci sono gli Europei di calcio, i preliminari delle coppe,
bisogna fare presto. Con tanti sconti, s’intende. E piccole penalizzazioni,
così pare. Ma, a parte i risultati dell’inchiesta e dei suoi risvolti sportivi
(perché, è chiaro, mezza Italia calcistica, e cioè quella che tifa Juve, vorrà
vedere nelle sedi competenti un trattamento equo e paritario rispetto a quello
che è successo sette anni fa), quello che appare sotto gli occhi di tutti è il
collasso, prima etico che sportivo, del sistema calcio. Dai campetti di
periferia dove oscuri dirigenti fanno i protettori dei calciatori alle mamme
che si fronteggiano a suon di ceffoni per un posto in squadra del loro
intoccabile pargoletto. Assistiamo anche a questo. Per finire alla totale
inadeguatezza dell’odierna dirigenza nazionale.
E
il calcio? Rimane, per fortuna, a regalarci emozioni. Da solo. Quest’anno il
miglior gioco l’ha offerto la Juve e anche l’atteggiamento morale. Sacrificio,
gioco di squadra, niente prime donne, correre per gli altri, fino all’ultimo
non darsi per vinti. Questo conta. Non è molto, ma è già qualcosa. Per un
calcio che ha voglia di rigenerarsi, al di là di tutto quello che gli ruota
intorno.
Perché
se ci vengono a togliere la poesia del calcio e un Del Piero che a 38 anni
ancora esprime tutta la bellezza della “pelota” che travalica tifo,
generazioni, inchieste, integratori, scommesse, medicinali e palestrati, allora
significa proprio che non hanno capito niente.
Avanti, allora. E se l’Italia dovesse vincere gli
Europei, amnistia generale per tutti. Nonostante il calcio. Nonostante il “bel”
calcio.